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appunti per Mi chiamo M.M. n.30

Lo scenario di produzione non è né “autoritratto” né “autobiografia”, pur partecipando di entrambi. Tematizza quella parte dell’esistenza di un artista che lo definisce come tale. Ha qualcosa dell’autobiografia, ma non è “autobiografia”: la vita di un pittore non è soltanto fatta del suo lavoro.

da L’invenzione del quadro. Arte, artefici e artifici nella pittura europea, Victor I. Stoichita, Il Saggiatore, trad. di Benedetta Sforza

l’occhio sorpreso dello spettatore

L’osservatore risulta essere simultaneamente “colui che guarda” e “colui che è guardato”. Sta a lui operare la relazione intertestuale.

(…)

è ” l’occhio sorpreso” dello spettatore (una definizione davvero felice, di Francoise Siguret) che deve stabilire la necessaria dipendenza tra i due livelli dell’immagine.

da L’invenzione del quadro. Arte, artefici e artifici nella pittura europea, Victor I. Stoichita, Il Saggiatore, trad. di Benedetta Sforza

appunti per Mi chiamo M.M. n.29

L’immagine nello specchio è “segno” anch’essa, ma è, dice la Logica di Port Royal (ovvero dell’arte di pensare, di Antoine Arnauld e Pierre Nicole) , un “segno naturale”. Questo vuol dire che essa sta al posto della cosa significata (come lo fanno la carta dell’Italia nel caso dell’Italia e il ritratto di Cesare nel caso di Cesare), ma che, riflettendola, la rappresenta. Perché lo specchio sia rappresentazione (e non semplice superficie levigata e incorniciata) occorre che la cosa raffigurata gli si trovi davanti, mentre la cosa rappresentata in un quadro o su una carta geografica è sempre altrove.

da L’invenzione del quadro. Arte, artefici e artifici nella pittura europea, Victor I. Stoichita, Il Saggiatore, trad. di Benedetta Sforza

appunti per 24 scatti n.7

La vera pittura è quella che ci chiama (per così dire) perché ci sorprende: ed è proprio in forza dell’effetto che essa produce che noi non possiamo fare a meno di avvicinarci, come se essa avesse qualcosa che ci volesse dire.

Roger de Piles, Cours de peinture par principes, Parigi 1708, p.3, citato da Victor I.Stoichita in nota n.62, L’invenzione del quadro. Arte, artefici e artifici nella pittura europea, Il Saggiatore

appunti per trentasei e dieci vedute n.36

veduta numero 36

I particolari riguardanti il dispositivo di verticalizzazione, malgrado il loro carattere lapidario, sono molto importanti poiché Plinio era certamente al corrente, come molti brani della sua opera stanno a dimostrare, di tutta una metafisica primitiva concernente l’ombra (soprattutto l’ombra distesa, a contatto diretto con la terra) e dei suoi legami con la morte. Bisogna andare in fondo nel testo per capire che la figlia di Butades alla vigilia di una partenza “fissa” per così dire, durante la notte, l’immagine del proprio caro in una verticalità che si vorrebbe perpetua, esorcizzando in tal modo il pericolo di morte e conservando presso di sé un’immagine compensatoria dell’assente reso “vivo” (“eretto”) in eterno.

da Breve storia dell’ombra. Dalle origini della pittura alla Pop Art, Victor I. Stoichita, Il Saggiatore