Nel gennaio 1939, opponendosi alle rivendicazioni di Mussolini, il primo ministro francese Edouard Daladier proclama: Jamais la France ne cédera un pouce desterritoires qui lui appartiennent, la Francia non è disposta a cedere nemmeno un’unghia dei suoi territori. Mentre un’atmosfera di guerra imminente si diffonde, sempre più greve, in Italia, le avventure in montagna con gli amici appaiono dettate anche da un oscuro “bisogno di prepararsi” agli eventi futuri.
“Ricordo una Pasqua, quando Daladier aveva risposto jamais a Mussolini. Voleva dire la guerra, ma noi non ci pensavamo. Partii con Delmastro e con Alberto Salmoni, a piedi di notte da Bard a Champorcher: il giorno dopo, con gli sci, e con 30 chili a testa negli zaini, dovevamo traversare fino alla cosiddetta Finestra di Champorcher, poi scendere, risalire la Valleille, raggiungere Piantonetto, puntare sul Gran Paradiso…Era un’idea di Delmastro, il quale più si faticava più era soddisfatto. Io rinunciai già a Cogne.” Primo Levi – Intervista con Alberto Papuzzi, 1984
da Album Primo Levi, a cura di Roberta Mori e Domenico Scarpa, Einaudi, 2017
Questa foto risale al 1983.
Dove guarda, Primo Levi? Dove siamo.
E cosa vede? L’ineliminabile bisogno di prepararsi, nonostante tutta la dedizione che ha messo per evitarlo.
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A volte è difficile allontanare il pensiero che la storia sia istruttiva quasi come un mattatoio (1); che avesse ragione Tacito e che la pace non sia altro che la desolazione che resta al termine delle operazioni decisive del potere senza pietà.
da Sia dato credito alla poesia, Seamus Heaney, Archinto, 1997, a cura di Marco Sonzogni
(1): “A victory beacon in an abattoir”. (S.Heaney, Mycenae Lookout, in The Spirit Level, Faber & Faber, 1996)