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Appunti per Capsula petri n.23

Linguaggio nascente

La bambina (30 mesi) chiede: Keèkuesto?
Le si dice: un annaffiatoio.
Lei ripete: annaffiatoio. Ed eccola soddisfatta.
L’acquisizione del nome le basta. L’oggetto ha perso il suo mistero – –
Giacché essa ha già imparato che basta il possesso del nome per disporre della cosa nella misura in cui ne dispongono i “grandi” da lei interpellati. La sensazione di saperla nominare la soddisfa.
Ciò mi riporta a chiedere che idea si faccia questa bambina di quei grandi, e di se stessa -, e dell’ineguaglianza tra lei e loro,- e del decrescere di questa ineguaglianza. Domanda senza risposta. I grandi sono quegli esseri che sanno i nomi di tutte le cose.
Un po’ più tardi arrivano i Perché? Prima s’impara a nominare le cose che corrispondono ai bisogni. Quindi, le cose si fanno notare e stimolano le attività del toccare, maneggiare…Quindi (1937, Senza Titolo, XX, 110)

(…)

L’Altro e il linguaggio

L.

Il problema risolto a tentoni mediante il linguaggio è questo:

Bisogno – di un “Altro” appreso da
– Infanzia/Madre;
– Famiglia;
– Sesso.

+ Creazione dell’Altro.

+ Idea del Simile – Amico? Nemico? attratto -respinto. Valori conferiti agli Altri.

Identificazione – Similarità di riflessi, dei bisogni, di sensazioni paragonabili per i loro effetti esteriori – Fuga, ecc.

– Scambi – Segni di consenso o di rifiuto. Atti – mimica di atti (vuoti) riprodotti dall’Altro.

= Vieni qua! Vattene! Dàa! Fallo per me! Fallo con me! Alt! Attenzione! Attento! – Prendi – Fa’ in vero quello che io ti faccio in segno.
Segno è l’atto vuoto – ovvero un atto (come il grido puro) volto a provocare l’attenzione, avviso postale con posizione.

La voce.

Lo scambio di segnali con l’Altro diventa parte integrante del Medesimo – e vi si sviluppa.

Il linguaggio interiore crea un Altro nel Medesimo.
I segni si classificano in base al genere di atti – e fra questi gli atti fonici. L’atto fonico e le sue possibilità – e le sue variabili: Intensità, Toni, vocali e consonanti – Implesso Combinatorio.

Qui l’analisi determinante della sostituzione dell’espresso al contrastato. Il Pensiero organizzato è tale soltanto mediante un linguaggio – consiste in uno scambio perpetuo fra cosa – idea di cosa – e atto/segno.
Idea presa per cosa, questo richiesto dal pensiero – senza di che o esso si dissolve, o si sviluppa secondo tutte le variabili (cfr. il sogno) e tutte le proprietà associative o trasformazioni, armoniche ecc. della mente. (1941, Senza titolo, XXIV, 288)

da Quaderni, vol. II, Paul Valéry, Adelphi

glielo incarto?

è un libro che cercavo da tempo, che amo molto, mi mancava solo un’intervista – (quale?) – Portoghesi e Bernini – (non era Portoghesi e Borromini?) – anche, ma mi mancava solo quella a Bernini e cercando su internet, quando ho visto che era qui, sono venuto appena possibile, prima che la libraia vada in trasferta due giorni. Sono venuto subito, tempo dodici ore… – (10 va bene) – così non va bene – (10 va bene)- fa sempre come vuole lei?- (qui sì) – è una soddisfazione! – (c’è il prezzo per il collezionista e quello per il lettore) – ma non funziona così, così non va bene – (tra me e me: se fossi interessato alla cartella Valéry/Luzi/Casorati non esiterei a chiederti 3000 euro) – (altre parole su Mari/Borromini, Butor/Borromini, offerta di prestito de La modificazione, offerta di amicizia, rifiuto dell’uno e dell’altra, ringraziamenti, saluti).

avanti!

Mi fermo, improvvisamente sono stanco, in avanti, a quanto pare, si scende a rotta di collo, tutt’intorno è l’abisso – non voglio guardarlo”.

Friedrich Nietzsche (Werke, Groß-und kleinoktavausgabe), XII, p.223 (Nietsche e l’eterno ritorno, Bari, 1982, citato da Walter Benjamin nei Passages J 77a, 2)

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So che voglio e non ho cosa io voglia. Un peso pende ad un gancio, e per pender soffre che non può scendere: non può uscire dal gancio, poiché quant’è peso pende e quanto pende dipende. Lo vogliamo soddisfare: lo liberiamo dalla sua dipendenza; lo lasciamo andare, che sazi la sua fame del più basso, e scenda indipendentemente fino a che sia contento di scendere. Ma in nessun punto raggiunto fermarsi lo contenta (…)

da La persuasione e la rettorica, Carlo Michelstaedter, Adelphi

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Quale morbosa e smodata smania di vivere, insomma,
ci fa così trepidare, quando corriamo un pericolo?
Incombe al certo una fine inevitabile agli uomini,
e non c’è dato schivare la morte sì da scamparla.
Siam chiusi dentro un cerchio e ci aggiriam sempre in esso,
né prolungando la vita s’inventerebbe alcun nuovo
bene: ché il meglio a noi sembra ciò che ci manca e si brama:
e quando questo è raggiunto, bramiam dell’altro e ci tiene
a bocca aperta la stessa sete del vivere, sempre.

dal De rerum natura, Libro III, vv.1075-1084, Lucrezio, Rizzoli, versione di Luca Canali

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Egli dice ancora: “Io penso e ciò non disturba nulla. Sono solo. Che comodità la solitudine! Non mi pesa nulla di dolce. La stessa fantasticheria qui come nella cabina del battello, la stessa al Caffè Lambert… Se le braccia di Berta assumono importanza, io sono derubato – come dal dolore.. Chi mi parla, se non mi prova qualcosa, è un nemico. Preferisco lo sfavillio del più piccolo fatto accaduto. Io sto esistendo e sto vedendomi, sto vedendomi vedere e così seguito…Pensiamo con precisione. Ci si addormenta su qualsiasi argomento… Il sonno continua qualsiasi idea…

da Monsieur Teste, Paul Valéry, SE Studio Editoriale, trad.di Libero Solaroli

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(…) un lusso che puoi permetterti mica riaprir quei dossier, eppure di continuo li apri, come avessi solchi obbligati tutt’intorno al cervello…rotaie! una volta spinto per la discesa il carrello non sceglie, ohp! ohp! che corre per le svolte della miniera, ohp gran toboga! ogni passaggio è coercizione al seguente, due passaggi e sei fritto (…)

da Rondini sul filo, Michele Mari, Mondadori

Pensa a tutto, vertiginoso lettore, somma le attese di tutti in ogni tempo e paese, e ti sfido a non immaginare il nostro pianeta come una palla proiettata nel nulla dalla smania di tutti e di tutto ad arrivare più in là, la smania di quella cosa lì, sì, quella che stai aspettando anche tu.

da Roderick Duddle, Michele Mari, Einaudi

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(…) suppongo sia possibile dire che il colono è il simbolo del cambiamento. Egli è, comunque, l’uomo laborioso che vive nelle illusioni e che, dopo che tutte le grandi illusioni l’hanno lasciato, continua ad avviticchiarsi ad una che lo trafigge.

dalla lettera a Hi Simons del 12 gennaio 1943, Wallace Stevens

 

più d’uno mi accusa di non concludere

Mistici che scrivono.
“Ho versato quella goccia di sangue per te! ecc.
Queste cose mi danno un’impressione di falso.
“Troppo bello per essere vero”. Ne sono infastidito. Manca il pudore.
Se le sentissi, non vorrei scriverle a nessun costo.
Sentirle…ma, non è poterle scrivere!
Equivarrebbe a non avere neanche l’idea di un altro momento e di altri individui – che lo scrivere suppone.
Significa che pongo dei limiti alla letteratura e che la faccio cessare là dove comincia l’io del mio io; Impurità.
che non amo agire su questo stesso punto degli altri e che non faccio loro quel che non voglio che mi si faccia, – che mi si “prenda per i sentimenti” quando ho bisogno soltanto di ciò che mi rinforza – vale a dire che mi istruisce, che mi fornisce strumenti.

Il pensiero di solitudine non conosce queste frasi.
Non ne ha che di atrocemente nude. Se gliene vengono, se ne fa delle beffe oppure non è più di solitudine; ma di commedia, di teatro, e per qualche pubblico. Ci sono cose che sono impossibili a chi è davvero solo. E più sono belle, meno sono per se stessi; e più esigono qualche Altro.
Nei mistici, è chiaro che come pubblico essi si danno Dio. L’essere, forse, non vuole, non può voler essere veramente solo – ossia riconoscersi sempre, non ricevere mai altro che la propria immagine. A volte così deformata che desta meraviglia in colui che l’emana e la riceve. Si trova troppo bello, troppo ricco. (1936. Senza titolo, XIX, 93)

da Quaderni. Volume Primo – Ego scriptor, Paul Valéry, Adelphi

una militanza

mara fam

Tutto il mio lavoro naturale, quello della mia natura – e che ho eseguito per tutta la mia vita, a partire dai 20 anni, non consiste che in una specie di preparazione perpetua, senza oggetto, senza finalità – forse altrettanto istintiva che il lavoro di una formica, benché di tendenza additiva, perfettiva; benché infine orientata in direzione di una crescita della coscienza stranamente perseguita con ostinazione e istinto costante.

da Quaderni – Volume Primo – Ego, Paul Valéry, Adelphi, trad.di Ruggero Guarini

Alpha & Mila

L’Inumano

Sepoltura del Conte d’Orgaz, El Greco

Nelle opere dell’uomo apprezzo soltanto la quantità di inumanità che vi si trova.
Conosco troppo bene quel che è umano. Ho sofferto, ho gioito; ho visto giusto, mi sento distruggere dal tempo: fui lodato; biasimato, acclamato, schernito, trattato con gli epiteti più piacevoli e con parole diverse. ecco che cosa è umano, secondo gli umani. Non mi piace rimuginarlo nei libri.
Ma ciò che non dipende da tutto questo – l’ordine- il possibile quale si dà nelle arti (fra cui quella dell’ingegnere).

da Quaderni – Volume Primo, Paul Valéry, Adelphi, trad.di Ruggero Guarini

Termometria

A una certa tenera età, ho forse sentito una voce, un contralto profondamente commovente…

Questo canto dovette mettermi in uno stato di cui nessun oggetto mi aveva mai dato l’idea. Esso ha impresso dentro di me la tensione, l’attitudine suprema richiesta, senza offrire un oggetto, un’idea, una causa (come fa la musica). E io senza saperlo l’ho assunto come misura degli stati e ho mirato, per tutta la mia vita, a fare, cercare, pensare quel che avrebbe potuto direttamente riprodurre in me, esigere da me – lo stato corrispondente a quel canto fortuito; – la cosa reale, introdotta, assoluta il cui incavo era stato preparato fin dall’infanzia da quel canto – dimenticato.
Il caso vuole che io sia forse graduale. Ho l’idea di un massimo di origine nascosta, che aspetta ancora dentro di me.
Una voce che scuote fino alle lacrime, alle viscere; che funge da catastrofi e scoperte; che riesce a spremere, senza incontrare ostacoli, le mammelle sacre/ ignobili/ dell’emozione/ stolida; che in un modo artificiale, di cui il mondo reale non ha mai bisogno, risveglia degli estremi, insiste, rimesta, annoda, riassume eccessivamente, sfibra gli organi della sensibilità, …svaluta le cose osservabili…La si dimentica e non ne resta che il sentimento di un grado al quale la vita non potrà mai avvicinarsi. (1910)

da Quaderni. Volume Primo – Ego, Paul Valéry, Adelphi, trad.di Ruggero Guarini

cosmological redshift

Milo e Giorgio, Trieste 1935-36

Dopo qualche assalto infruttuoso, non rinunciare, e non insistere neppure. Ma custodisci quel problema nelle cantine della tua mente, dove esso migliora. Trasformatevi tutti e due. (Quaderni 1900-1901, Senza titolo, III, 779)

Da questi quaderni vedo che la mia mente si diletta in particolare di certe trasformazioni simili a quelle dell’analisi, e che derivano dall’attività spontanea delle analogie. (…) (1922. S, VIII, 676)

da Quaderni – Volume primo, Paul Valéry, Adelphi, a cura di Judith Robinson-Valéry, trad.di Ruggero Guarini

memoria e abitudine

Memoria e abitudine fanno parte dello stesso meccanismo della sensazione.
E persino (nella veglia) – le sensazioni si decifrano soltanto grazie alla memoria coordinata – o percezione chiara.
La memoria ridiscende continuamente. Essa risponde alla domanda: che cosa sta per accadere? – e – che cosa fare? Essa mi istruisce nella direzione dal passato verso il futuro.
L’abitudine è la stessa cosa ma nell’atto e negli stimoli automatici. (1905. Senza titolo, III, 498)

da Quaderni Vol.III – Memoria, Paul Valéry, Adelphi, trad.di Ruggero Guarini