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tu che mi guardi, che mi parli

è come se ci fosse nell’attività del pittore un’urgenza che supera tutte le altre. Egli è là, forte o debole nella vita, ma sovrano incontestato nella sua ruminazione del mondo, senz’altra “tecnica” tranne quella che i suoi occhi e le sue mani conquistano a forza di vedere, a forza di dipingere, accanendosi a trarre da questo mondo, in cui risuonano gli scandali e le glorie della storia, delle tele, che aggiungeranno ben poco alle collere e alle speranze degli uomini, e nessuno trova niente da ridire.

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Il mio movimento è il proseguimento naturale e la maturazione di una visione. Io dico che una cosa è mossa, ma il mio corpo si muove, il mio movimento si dispiega; non avviene nell’ignoranza di sé, non è cieco a se stesso, s’irradia da un sé…

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Il pittore vive nella fascinazione. Le sue azioni più proprie – quei gesti, quei segni di cui egli solo è capace, e che saranno rivelazioni per gli altri, che non hanno le sue medesime mancanze – gli sembrano emanare dalle cose stesse, come il disegno delle costellazioni. Tra lui e il visibile, i ruoli inevitabilmente si invertono. Ecco perché tanti pittori hanno detto che le cose li guardavano, e André Marchant, dopo Klee: “Più volte, in una foresta, ho sentito che non ero io a guardare la foresta. Ho sentito, certi giorni, che erano gli alberi che mi guardavano, che mi parlavano… Io ero là, in ascolto… Credo che il pittore debba lasciarsi penetrare dall’universo, e non volerlo penetrare… Attendo di essere interiormente sommerso, sepolto. Forse dipingo per nascere.”

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Essenza ed esistenza, immaginario e reale, visibile e invisibile: la pittura confonde tutte le nostre categorie, dispiegando il suo universo onirico di essenze carnali, di rassomiglianze efficaci, di significazioni mute.

da L’occhio e lo spirito, Maurice Merleau-Ponty, SE Studio Editoriale, trad.di Anna Sordini

angelus novus

Angelus Novus, Paul Klee

La mia ala è pronta  al volo,

ritorno volentieri indietro,

poiché restassi pur tempo vitale,

avrei poca fortuna.

Gerhard Scholem

C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta.

da Angelus Novus. Saggi e frammenti, Walter Benjamin, Einaudi, a cura di Renato Solmi