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appunti per CAPSULA PETRI n.3

Quando Dante si congeda da Virgilio, non si congeda dalla Ragione ma dal pathos di una data luce naturale. Dante non abbandona Virgilio per cercare la grazia ma per trovare una voce con un’impronta propria. Nelle più antiche e autentiche allegorie dei poeti, Virgilio rappresenta la paternità poetica, lo stadio dell’iniziazione che Dante deve trascendere se vuole completare il suo viaggio verso Beatrice.
Beatrice è il più difficile fra i tropo di Dante perché la sublimazione non appare più come una possibilità umana.

(…)

Direi che oggi è così difficile capire Beatrice precisamente perché partecipa sia dell’allegoria dei poeti che di quella dei teologi. Poiché il suo avvento segue la maturazione poetica di Dante, o la scomparsa di Virgilio, suo precursore, Beatrice è un’allegoria della Musa, la cui funzione è di aiutare il poeta a ricordare. La memoria, in poesia, è sempre la via maestra della cognizione, e quindi Beatrice è il potere inventivo di Dante, l’essenza della sua arte. Essendo già la più altolocata delle Muse, Beatrice è anche molto al di sopra di loro perché ha lo statuto di un mito eretico, di una santa canonizzata da Dante o persino di un angelo da lui creato.

(…)

e la figura di Beatrice sarebbe eresia e non mito se Dante non fosse stato un poeta così forte che la chiesa dei secoli seguenti è stata felice di annetterselo.

(…)

intuizione di Curtius, che vede nella Beatrice di Dante la figura centrale di una gnosi puramente personale. Dante era un visionario senza scrupoli, appassionatamente ambizioso e disperatamente testardo: il suo poema esprime in modo trionfante la sua eccezionale personalità.

da Rovinare le sacre verità. Poesia fede dalla Bibbia a oggi, Harold Bloom, Garzanti

 

La cura?

Il cimento nell’arte o

il mio tavolo di 68x120x80 cm

Fra tutte le distanze la migliore possibile
è quella di un tavolo di normale grandezza,
di ristorante per esempio o di cucina,
dove possibilmente io possa raggiungerti
ma in verità non lo farò.
E fuori la stessa luce di ieri, lo stesso azzurro
aprono altre distanze
e chiedo alla gentilezza delle nuvole
di intervenire, meglio grigie che bianche,
per svelare l’imbroglio degli azzurri
che fingono la grandezza, fingono l’infinito,
la luce effimera – la ladra.

da Poesie (1974-1992), Patrizia Cavalli, Einaudi

Tutti i miei sensi raccolti in uno

Tutti i miei sensi raccolti in uno
che era tutti e non era nessuno.
Un impasto densissimo amoroso
che riassorbiva il mondo nel riposo.
Si mostrava nella forma di un sorriso
che era di tutto il corpo non più diviso,
luce e riflesso della luce d’ogni corpo,
mi visitava tenerezza di nascosto.

da Poesie (1974-1992), Patrizia Cavalli, Einaudi

rivoglio il tetano

Rivoglio il tetano
in tarda mattinata
e il morso della vipera
di pomeriggio in piazza,
la meningite
verso mezzanotte
e la poliomielite
subito al risveglio.
Rivoglio la mia salute,
fantasiosa salute
così potente e certa
che si eccitava a riempire
il suo ineffabile silenzio di terrori.

da Datura, Patrizia Cavalli, Einaudi

Un destino figurato

rinuncio al suo corredo

Poco fa me ne stavo rannicchiata
dentro un mezzo sonno coscienzioso
quando mi è apparso il mio destino figurato,
non visibile al presente o nel futuro
ma sicura proprietà del mio passato.
Qualcosa che era lì con me al mio inizio
e che mi equipaggiava, come una maglia nuova,
bella compatta, che poi, non si sa quando,
s’è disfatta. Sì, avevo il mio destino
e si è sciupato. Ma a quale duro ferro
mi si è impigliato il filo? Ecco, lo vedo
che se lo tira via mentre io incosciente
senza girarmi mai per liberarlo
per distrazione mia continuo sempre
a muovermi in avanti, avanti non davvero
che ero in un cerchio dove però molto
mi muovevo con la mia maglia ormai
tutta un prodigio. O dio, o dio,
dunque è così, più avanzo e più mi spoglio!
Avrei dovuto far la balia al mio destino,
tenermelo vicino, buono, al caldo,
ma quel feroce gancio che mi ha strappato
il filo, cosa sarà quel gancio
scostumato per cui ora striscio nuda
dietro al tempo? Ah che stupida idea
questo destino! Rinuncio al suo corredo,
non lo voglio, sarò comunque nuda
quando verrà il momento. Ma come
mi presento, come faccio
con questo assurdo malloppetto sfatto!

da Datura, Patrizia Cavalli, Einaudi

Settanta

nefertiti

Scarsa custode di quell’immagine
che intatta ancora abita
la mia superstiziosa mente,
e tuttavia di lei parente,
la più stretta. Perciò ti bacio
ti sbaciucchio immaginetta.

***

félix vallotton la flute

Io per vederla non devo guardarla
perché quando la guardo non la vedo.
Per ritrovarla sposto il mio sguardo
faccio rifornimento e ci riprovo,
ma sempre a lei tornando io la perdo.
Morte e resurrezione, mia ginnastica.

Chi più infelice, io che non la vedo
o lei che non si lascia mai vedere?
Ah, infelice io che non mi arrendo
alla sua morte, alla mia, alla morte.

da Pigre divinità e pigra sorte, Patrizia Cavalli, Einaudi

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