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le falene

 

La toilette intime, Jean-Antoine Watteau

 

Nel periodo “iniziale” dell’infezione tubercolare –che principia dall’ingresso del bacillo nell’organismo o meglio dall’inizio della sua attività patologica, e che è caratterizzato dalla secrezione e immissione in circolo delle tossine,- si determina una vera eccitazione delle diverse facoltà: intellettive, affettive e volitive. Il malato è irascibile, irritabile per ogni nonnulla, ansioso, sospettoso, in uno stato di inspiegabile sovreccitazione e colle antenne della sensibilità pronte a vibrare alle più piccole segnalazioni dell’ambiente che lo circonda

Studi, Jean-Antoine Watteau

Nella fase di “rivelazione”, dopo un primo periodo di disorientamento che segue inevitabilmente alla conoscenza del male, il malato ha una pausa più o meno lunga, di equilibrio, di calma, di ragionamento. Ed è proprio in questo periodo che si ha un assestamento mentale; così individui che prima della malattia erano ottimisti lo ridiventano, mentre in altri, al contrario, si accentua la nota pessimistica che persisterà, più o meno continua e crescente, fino al termine della vita.

Jupiter et Antiope, Jean-Antoine Watteau

Durante il periodo di “stato”, poi, i sentimenti generalmente preponderanti sono due: una affettività morbosa che genera amicizie violente, passioni amorose tenaci (Catullo per Lesbia, Chopin e De Musset per George Sand, Keats per Fanny Browne, Elisabetta Barrett per Roberto Browning), o una religiosità estrema (San Francesco d’Assisi, San Luigi Gonzaga, Santa Teresa di Lysieux), e d’altra parte un egoismo talvolta aspro (Leopardi).

L’euforia è caratteristica del periodo terminale, della fase preagonica.

da Falene, Salvatore Collari, Casa Editrice Ceschina-Milano

Mila, Dario Sutter

all’amica lontana

Bastianelli eseguiva l’Eroica di Beethoven e dopo la Marcia funebre stava attaccando con lo Scherzo e già si sentiva palpitare nelle dita la vivacità di quelle note quando Michaelstaedter, spalleggiato da Arangio, saltò su gridando che la sinfonia finiva lì ed era inutile procedere oltre. Inde irae.

“Carissimi Micaelstätter e Arangio,
ho riflettuto a lungo in questo inchiodamento a letto, a quello che avvenne sabato scorso. Non è possibile che mi trattenga dal dirvi alcune cose in proposito che, vi dispiacciano o non vi dispiacciano, peserebbero tanto sulla mia coscienza, se non ve le dicessi, da farmi le mani di piombo quando fossi ancora con voi al pianoforte.

Come fare a celarvi che, non so per quale curioso ed irritante groppo di fatalità, voi siete stati davanti a uno dei più puri capolavori umani, non reagendo dovutamente, non comprendendolo, anzi con una certa leggerezza, generalizzando la comprensione che di lui avevate parziale, per condannarne il vero significato totale?

Dell’Eroica non v’è piaciuto che il 2° tempo e non avete compreso il tema generante il 1° tempo e l’ultimo generante, con uno svolgimento a rovescio del 1°, l’ultimo tema.

Io constatai, in quel momento che suonavo e più dopo, quando come per darmi la riprova che in voi non s’era fatto tutto quel silenzio religioso e quello stupore che segue le vere rivoluzioni, voi vi poneste a parlare di Croce e Spinoza; che nessuna cosa al mondo vi avrebbe fatto varcare la muraglia che ponevate ostilmente tra lo sforzo che io facevo per farvi comprendere, e la vostra diffidenza. Disse bene Aragio: poche persone sono così fredde come voi.

In altre parole sento che anche se tentassi per iscritto di farvi comprendere il valore unico di quel 1° tema e la dipendenza del 2° dal 1° e la giustizia di quella marcia e di quello scherzo nella intera sinfonia; io non esercito in voi quella confidenza e non inspiro in voi quella fede di cui c’è bisogno per rivelarsi reciprocamente qualunque idea.

E ho tale pratica delle cose d’amicizia (e specialmente della vostra) che so ancora che se tentassi, rifacendovi la Terza sinfonia, di farvene comprendere il significato altissimo e vi ripeto unico, voi vi irrigidireste in modo da rendere tutti i miei tentativi inutili se non ridicoli.
E men ti piaccio se più m’affatico. Le cose devono venire da sé. Vuol dire che io non ero quello destinato a farvi capire Beethoven.

E so ancora che non potrei più seguitare a leggervi Beethoven perché come in una dimostrazione se manca la comprensione d’una sua proposizione , tutta la dimostrazione cade, così nella rivelazione dell’arte d’un genio, se resta oscura una sola parola importante (e qui si tratta niente meno dell’Eroica, una delle pietre miliari non solo per capir Beethoven ma tutta la modernità) resta tutto oscuro o avvolto in una penombra penosa.

E non è una di quelle malignità del caso, che mi feriscono così tragicamente e così spesso, che proprio la sinfonia, che insieme alla Nona e la Messa, desideravo di più godere insieme con voi, mi abbia lasciato il disgusto amaro del fiasco, non che tante altre constatazioni dolorosissime per me e per voi.

Tutti noi non comprendiamo che ciò che abbiamo avuto. Voi ponevate nell’interpretazione di Beethoven una esperienza, perdonatemi, inadeguata a lui. Io ho provato per una buona metà di Beethoven l’impressione che vi mancassero gli elementi per sentirla. Nell’Eroica vi manca l’eroismo di non contentarvi del Dolore. E come fare allora a capire, che se Beethoven nell’Eroica scopre l’eroismo, l’immenso eroismo dei romantici, egli nella Nona supera ancora l’Eroismo e arriva a una contemplazione così universale delle cose umane che, a mio parere, nessuna filosofia moderna ha saputo ritrarre e svolgere?

E per farvi arrabbiare anche di più, che cos’è la Ginestra e tutto Leopardi davanti a questo gigantesco e impassibile Beethoven? Non mi ricordo più dove ho letto che un dio costretto a raccontare la sua vita la direbbe tutta -in due parole. Ebbene Beethoven l’ha fatto e le due parole sono l’Eroica e la Nona. Maledicetemi, ridete di me; ma è così e mi farei ammazzare piuttosto che dire in un altro modo.

vostro Giannotto Bastianelli”
da  A ferri corti con la vita. Biografia di Carlo Michaelstaedter, Sergio Campailla, Comune di Gorizia, 1981