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l’uniforme

Lei (Karolina von Guenderrode): “Quel che pensiamo abbastanza a lungo e sovente non fa più nessuna paura”

Lui (Kleist): “Nessuno conosce una regione che ha attraversato soltanto in uniforme”

(…)

Ci sono uccelli qui che fra grida spaventose si levano improvvisamente in volo da un salice quando loro vi passano davanti.  La Guenderrode gli posa la mano sul braccio. Loro sanno che non vogliono essere toccati. Al tempo stesso provano un rimpianto, una pietà per il linguaggio represso dei loro corpi, una tristezza per l’addomesticamento precoce che l’uniforme e l’abito dell’ordine hanno imposto alle loro membra per la disciplina in nome del regolamento, per gli eccessi segreti in nome della sua trasgressione. Bisogna proprio essere fuori di sé per conoscere il desiderio di strapparsi gli abiti di dosso e di rotolarsi su questo prato?

(…)

Ciò che sappiamo desiderare deve essere alla portata delle nostre forze, pensava (K.) (…).

pp. 13, 21 e 95, Nessun luogo, da nessuna parte, Christa Wolf, Edizioni e/o, trad. di Maria Grazia Cocconi e Jan-Michael Sobottka