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Sulla scrittura (5)

2 giugno 1942

Non dimenticare mai che la guerra finirà e che tutta la parte storica sbiadirà. Cercare di mettere insieme il maggior numero di cose, di argomenti…che possano interessare la gente nel 1952 o nel 2052. Rileggere Tolstoj. Indispensabili le descrizioni, ma non storiche. Insistere su questo. Per esempio in Dolce i tedeschi nel villaggio. In Captivité la prima comunione di Jacqueline e la serata in casa di Arlette Corail.

dagli Appunti di Irène Némirovsky sullo stato della Francia e sul suo progetto Suite francese tratti dal suo diario, in Suite francese, Adelphi, trad. di Laura Frausin Guarino.

buoni da morire

Ritrovatosi sulla strada con i ragazzi, che portavano ciascuno una coperta e un tascapane e lo seguivano strascicando i piedi nella polvere, padre Péricard si era diretto verso l’interno, allontanandosi dalla Loira che riteneva piena di pericoli e inoltrandosi nei boschi. Ma già la truppa vi si era accampata, e il sacerdote pensò che i soldati sarebbero stati presto avvistati dagli aerei: dunque il pericolo era altrettanto grande lì nel bosco che lungo le rive del fiume. Così, abbandonando la statale, imboccò un percorso sassoso, quasi un sentiero, lasciando che l’istinto lo portasse a un qualche abituro isolato, come quando, in montagna, guidava il suo gruppo di sciatori verso un rifugio perduto nella nebbia o nella tormenta. Questa, invece, era una splendida giornata di giugno, così calda e luminosa che i ragazzi ne erano come inebriati. Rimasti in silenzio finoa  quel momento, e buoni, troppo buoni, ora si spintonavano, gridavano, e a padre Péricard arrivavano risate e frammenti soffocati di canzoni. Tese l’orecchio e colse un ritornello osceno sussurrato alle sue spalle, una sorta di bisbiglio a fior di labbra. Allora propose loro di cantare in coro una marcetta. Fu lui a iniziare a scandendo vigorosamente le parole, ma solo qualche voce lo eguì. Pochi istanti dopo tutti tacquero. A quel punto anche lui si mise a camminare in silenzio, domandandosi quali oscuri desideri, quali sogni quell’improvvisa libertà suscitasse nei poveri ragazzi. Uno dei piccoli si fermò di colpo e gridò: “Oh, una lucertola! Una lucertola! Guardate!” Fra due pietre al sole apparivano e sparivano agili code, spuntavano piccole teste piatte, gole palpitanti pulsavano rapide per lo spavento. I ragazzi guardavano affascinati. Qualcuno si era perfino inginocchiato sul sentiero. Il prete pazientò per alcuni secondi, poi li esortò a riprendere il cammino. Docili, i ragazzi si rimisero in piedi, ma nello stesso istante dalle loro mani partirono, come proiettili, dei sassi, scagliati con tanta abilità e una rapidità così sorprendente che due lucertole, le più belle, le più grandi, di un grigio delicato quasi azzurro, restarono uccise sul colpo.

“Perché lo avete fatto?” esclamò il prete in tono irritato.

Nessuno rispose.

“Perché? è un’azione vile!”.

“Ma sono come le vipere, mordono” disse un ragazzo dalla faccia smorta e stralunata e dal lungo naso a punta.

“Che sciocchezza! Le lucertole sono del tutto inoffensive”.

“Ah! Noi non lo sapevamo, padre!” replicò quello con una voce da teppista e una finta innocenza che non ingannarono il prete.

da Suite francese (cap. 25) di Irène Némirovsky, Adelphi, trad. di Laura Frausin Guarino