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canzone intima


edmond baudoin

Che fai, tu? Di tutto.
Che vali, tu? Non so,
presagi, prove,
disgusto, vigore…
Che vali, tu? Non so.
Che vuoi, tu? Nulla ma tutto.

Che sai, tu? La noia.
Che vuoi, tu? Pensare:
pensare per mutare
in notte ogni giorno.
Che sai, tu? Pensare
per mutare di noia.

Che vuoi, tu? Il mio bene.
Che devi, tu? Sapere,
prevedere e potere
che a nulla non serve.
Che temi, tu? Volere.
Chi sei, tu? Ma nulla.

Dove vai, tu? Alla morte.
E a farvi? A terminare
e non più ritornare
alla malasorte.
Dove vai, tu? A terminare.
Ed a che fare? Il morto.

da Poesia varie d’ogni epoca, da Poesie, Paul Valéry, Feltrinelli, trad.di Beniamino Dal Fabbro

idide degli occhi

 

Ide

 Sui gradini che salgono alla porta di casa lacio un fischio di due toni, nota base e quarta inferiore, press’a poco come l’inizio del secondo tempo dell’incompiuta di Schubert, un segnale che potrebbe anche sembrare la versione musicata di un nome di due sillabe. Subito dopo, mentre mi incammino verso il cancello del giardino, si ode lontano un tintinnio argentino, come avviene quando una marchetta di riconoscimento batte contro la placca metallica di un collare, prima appena percettibile, poi, avvicinandosi rapidamente, sempre più chiaro e distinto. Voltandomi vedo Bauschan sbucare in piena corsa dall’angolo posteriore della casa e dirigersi all’impazzata direttamente su di me, come se avesse l’intenzione di investirmi. La fatica della corsa gli contrae leggermente il labbro, scoprendo due o tre dei suoi incisivi inferiori, che scintillano bianchi e splendenti al primo sole.

Appena mi chino per allungare la mano mi si avvicina con un balzo e, premendo le spalle contro la mia tibia, rimane immobile come una statua; così appoggiato obliquamente alla mia gamba, le zampe robuste ben puntate contro il terreno, alza il muso verso di me, guardandomi dal basso in su e, mentre gli batto affettuosamente la spalla, mormorando qualche buona parola a mezza voce, la sua immobilità emana la stessa appassionata concentrazione che poco prima aveva dedicato al suo frenetico carosello.

da Padrone e cane e altri racconti, Thomas Mann, Feltrinelli, trad.di Ingrid von Anrep

gira la tròttola viva

Jean-Baptiste-Siméon Chardin, Fanciullo con la tròttola, 1735 

Gira la tròttola viva
Sotto la sferza, mercé la sferza;
Lasciata a sé giace priva,
Stretta alla terra, odiando la terra;

Fin che giace guarda il suolo;
Ogni cosa è ferma,
E invidia il moto, insidia l’ignoto;
Ma se poggia a un punto solo
Mentre va s’impernia,
E scorge intorno, vede d’intorno;

Il cerchio massimo è in alto
Se erige il capo, se regge il corpo;
Nell’aria tersa è in risalto
Se leva il corpo, se eleva il capo;

Gira,- e il mondo variopinto
Fonde in sua bianchezza
Tutti i contorni, tutti i colori;
Gira,- e il mondo disunito
Fascia in sua purezza
Con tutti i cuori, per tutti i giorni;

Vive la tròttola e gira,
La sferza Iddio, la sferza è il tempo:
Così la tròttola aspira
Dentro l’amore, verso l’eterno.

da Canti anonimi, 1922, Clemente Rèbora

da Mila a Mara Cerri