

ci fu forse una visione prima sperimentata nel fiore…1883-da les origines
Io non v’invidio punto, angeli santi,
le vostre tante glorie e tanti beni,
e que’desir di ciò che braman pieni,
stando voi sempre a l’alto Sire avanti;
perché i diletti miei son tali e tanti,
che non posson capire in cor terreni,
mentr’ho davanti i lumi almi e sereni,
di cui conven che sempre scriva e canti.
E come in ciel refrigerio e vita
dal volto Suo solete voi fruire,
tal io qua giù da la beltà infinita.
In questo sol vincete il mio gioire,
che la vostra è eterna e stabilita,
e la mia gloria può tosto finire.
Gaspara Stampa da Lirici del Cinquecento, AA.VV., Classici UTET
Una penombra come quella del mondo esterno gli oscurava la mente, mentre ascoltava gli zoccoli della cavalla strepitare sulle rotaie della Rock Road e il gran recipiente dietro scuotersi e sbatacchiare.
Ritornava a Mercedes e, mentre rimuginava sulla sua immagine, gli entrava nel sangue un’inquietudine strana. Talvolta una febbre si impadroniva di lui e lo portava a vagabondare nella sera per il viale tranquillo. La pace dei giardini e le luci benevole alle finestre gli versavano un tenero influsso sul cuore irrequieto. Il rumore dei ragazzi che giocavano lo disturbava e le loro voci sciocche gli facevano sentire, anche più acutamente che non avesse sentito a Clongowes, che lui era differente dagli altri. Non aveva desiderio di giocare. Aveva desiderio d’incontrare nel mondo reale l’immagine incorporea che la sua anima contemplava tanto costantemente. Non sapeva dove cercarla o come, ma un preannuncio che lo guidava gli diceva che questa immagine, senza nessun atto aperto da parte sua, gli sarebbe venuta incontro. Si sarebbero incontrati tranquillamente come se si fossero conosciuti e avessero già fissato il loro convegno, forse a uno di quei cancelli o in qualche luogo più segreto. Sarebbero stati soli, circondati dall’oscurità e dal silenzio: e in quell’attimo di tenerezza suprema Stephen sarebbe svanito, sotto quegli occhi, in qualcosa di impalpabile e poi, in un attimo, si sarebbe trasfigurato. In quel magico istante la debolezza, la timidezza e l’inesperienza sarebbero cadute da lui.
da Dedalus. Ritratto dell’artista da giovane, James Joyce, Adelphi, trad.di Cesare Pavese
Pierre Alechinsky
Con quella qualità dei grandi pugili:
incassare e rimanere
saldi,
ingurgitare grappa dalla bottiglia
aver preso sbornie
sub e superatomiche,
lasciare i sandali
sul bordo del cratere come Empedocle
e poi giù a capofitto,
non dire: ritorno
non pensare: mezzo e mezzo,
mollare i tumuli delle talpe
ai nani che vogliono farsi grandi,
pranzare allround a casa propria
non scindersi
e saper dar via anche la vittoria-
un inno a un uomo siffatto.
da Frammenti e distillazioni, Gottfried Benn, Einaudi, a cura di Maria Carpi
“Comincia una sorda lotta: uscire dal disegno.
Ieri, tornando con l’anfora al fiume, d’un tratto feci un saltello, improvviso anche per me; sperando d’aver sorpreso in velocità il pensiero di Dio. Sperando che almeno quel piccolo salto possa restare fuori del grande disegno.”
da Vangelo secondo Maria, Barbara Alberti, CdE
da Lettre à Pierre Louys, Paul Valéry, Morceaux choisis, Paris 1930, p.298, trad.di Giorgio Agamben
Noi e le cose siamo legate da un misterioso piacere, “ce plaisir special” di cui parla Proust a proposito dei campanili di Martinville. “En constatant, en notant la forme de leure flèche, le déplacement de leurs lignes, l’ensoleillement de leur surface, je sentais que je n’allais pas au bout de mon impression, que quelche chose était derrière ce mouvement, derrère cette clarté, quelche chose qu’ils semblaient contenir et derober à la fois.”
Non qualcosa “dietro”, ma qualcosa che si è occultata o che si è sedimentata e che bisogna ora disoccultare, nel presente, per l’avvenire. tutta la nostra vita, come presenza evidente, è il risvegliarsi e il chiarirsi del passato: è temps retrouvé. La verità che dormiva si trasforma, diventa verità tipica, figura essenziale. ma continua, risvegliandosi, a cercarsi, a correggersi nelle reciproche relazioni che la costituiscono, a cercare un compimento, un telos.
da Diario fenomenologico, Enzo Paci, Il Saggiatore
Da ieri notte Michele Mari è diventato insegnante di ruolo in una scuola elementare romana. Ho orecchiato mentre il nuovo maestro iniziava i bambini alle meraviglie della geometria leggendo loro Flatlandia di Edwin Abbott: quando sono andata – con la nomina di Rappresentante di Classe e di Consiglio Interclasse per l’anno scolastico 2010/2011 in mano- a complimentarmi con il maestro Mari per la brillante scelta e per chiedergli conto della programmazione educativa e didattica dei discenti, ha annunciato che dopo le festività natalizie i fanciulli godranno di 5 incontri con Michel Serres. Mi sono offerta come merenda.
Io ho detto che, quanto al mio pensier et creder, tutto era un caos, cioè terra, aere, acqua et foco insieme; et quel volume andando così fece massa, aponto come si fa il formazo nel latte, et in quel deventorno vermi, et quelli furno li angeli; et la santissima maestà volse che quel fosse Dio et li angeli; et tra quel numero de angeli ve era ancho Dio creato anchora lui da quella massa in quel medesimo tempo, et fu fatto signor con quattro capitani, Lucivello, Michael, Gabriel et Rafael.
da Il formaggio e i vermi. Il cosmo di un mugnaio del ‘500, di Carlo Ginzburg, Einaudi
“perché amar Dio senza aver la fede, significa rispecchiarsi in se stesso, ma amar Dio con la fede, significa rispecchiarsi in Dio. “
da Timore e tremore, Soren Kierkegaard, SE Studio Editoriale, trad. di Franco Fortini