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Sole e ipsismo

Il sole sulla destra che mi picchia sulla gota
scompare fonoassorbito da un pannello
riappareriscompare e così via
per tutta la tratta dell’autostrada sua
che fa da tangenziale alla cittade mia

Fotoassorbito
dal suo singhiozzo
faccio la ruota
priva di mozzo

e sbando dentro senza sbandar fuori
io sono dentro
sono di fori
Eccomi mondo!
Io picchio e m’alzo
scandito balzo

e solo come il sole vi circondo

da Rimato a morte, Giulio Braccini, Edizioni Braccine

Da ultimo, luce dei miei occhi, Maberto. Questi si era preso un 6,5 a una verifica scritta in cui dimostrava sì di aver capito e assimilato le lezioni, ma in un linguaggio così barbaro da non permettere una valutazione superiore. Si era già rifatto con una brillante interrogazione. Ma qua, cosa non è successo, Maberto si legge un libro di Oliver Sacks e poi entra in scena a farci lezione, sboccato ed entusiasta, esponendo con un registro linguistico inadeguato il senso e i dettagli di tutta una serie di complessi ed affascinanti casi clinici; Maberto parla come se stesse raccontando l’ultima puntata del suo telefilm preferito a un amico, al bar, magari solo fra maschi (un paio di volte infatti devo richiamarlo all’ordine); e ne parla con coscienza di causa. Cos’ha scoperto? Che ha letto, per la prima volta in vita sua, un libro senza una trama e senza personaggi, ma (parole sue, e qua si vola) “in realtà il protagonista è il medico, l’antagonista la malattia e i casi clinici sono i personaggi secondari, ognuno che propone una specie di prova da superare.” E li racconta, questi casi, avendoli compresi e compatiti, con autentica passione cognitiva. Voto 9.
Cosa ho fatto? Nulla. Quel giorno esco da scuola e mi sento un insegnante.

da Questa birberia del leggere e scrivere. Appunti di pedagogia pratica/1, Giulio Braccini, con una prefazione di Leonardo Tondelli, Emiliano degli Orfini – Roma

 

Per molti versi

Per molti versi

(Una sirena scalza canta il Canto del frattale, dereb., IV, ii [canto], v.16-33)

“Per molti versi l’universo è una rima
nascosta rimalmezzo alla parola
stessa moltiplicata per se stessa
Per questo verso il multiverso è un coso
ipercosato punto
di cui non posso (o posso?) scriver punto
una forma ageometrica ed ametrica
iperdimensionata all’infinito
ed il cui fine è andare a non finire

Ma se il Mondo è un frattale alla potenza
in pieno atto allora allora basta
trovare il primo
numero primo la forma maestra
che c’insegni il sublime isomorfismo
d’Ognicosa del Tutto l’ipoipocoso!

Ma guai a chi cerca le rime fra le cose
e trova le sue cose fra le rime…”

“Dici a me?”

 

Quel che refuse

(La medesima sirena seguita il medesimo canto, dereb., IV, 4 ii, v. 50-63)

“Ho veduto un frantume di frattale
Frastagliato in migliaia di se stessi
Ho veduto nel gioco dei suoi sessi
Moltiplicar la frottola animale

Ho veduto nei canti i suoi riflessi
Che son primo splendore al naturale
Ho visto l’universo e forse il male
Eteroclito ho visto nei suoi nessi

Il Tutto? Uno. E questo sono io
Guardatemi! Ho veduto ho veduto
Nei miei fosfeni gli occhi. Eccone dio

Pregate! Poiché ci è negato il nero
D’ogni colore: luce! (è risaputo
Che non abbiamo palpebre al pensiero)”.

da Rimato a morte, Giulio Braccini, Edizioni Braccine

Sorella Pigrizia

Il saggio, a volte, è colui che si nega alla prova, o anche soltanto a quella che gli altri considerano la prova del fuoco, magari tenendo conto della legittima paura di scottarsi; il saggio, forse, è colui che si rifiuta di gettarsi nelle fiamme della sofferenza; anche la saggezza di Montaigne, perlomeno, è di questo genere, e tutti i suoi Essais sono disseminati di dichiarazioni di sprezzo verso la sofferenza gratuita e nei confronti di chi la ostenta in sé come segno di una pretesa superiore saggezza, virtù, coscienza.

da Sorella Pigrizia. L’accidia purgatoriale come forma mentis letteraria da Belacqua a Beckett, Giulio Braccini, Le Lettere, SguardoMobile

All’ombra dei cipressi

martin lewis 1932 puntasecca

All’ombra dei cipressi e fuor dell’urne
Confortato di pianto è il dormiveglia
Della vita men duro? Ci si sveglia
Ogni mattina e non sapresti addurne

Altra ragion che il trillo della sveglia
Altro motivo che le ore notturne
So son scocciate a stare taciturne
E bercian luce dandoti la sveglia

Se il problema sia essere o non essere
Ancora sperso in un mare d’assenzio
Punto per punto la mia vita a tessere

Non so capir che dice la natura
Se è meglio che ‘sto resto sia silenzio
O meno peggio sia letteratura.

da Rimato a morte, Giulio Braccini, Edizioni Braccine

Aria meditabonda

Boris Smelov

Il braccio teso ad appoggiarsi al muro
Le dita dilatate sull’intonaco
Ruvido con la mano sullo stomaco
Sinistra a smuovere l’interno oscuro

L’inanità di ciò che cerca il gesto
Di inane rendere (se fosse l’anima
Nobile il rantolo che si disamina
Sarebbe): al corpo vivo aereo resto

Ma se il problema è l’aria che circonda
Quel che siamo e lo penetra che vile
Spirito che bassa brezza che immonda

Colica è la vita! Finché gentile
Si disperde come meditabonda
Che siamo vento e non primaverile

commentario 2013 E.V.

da Rimato a morte, Giulio Braccini, Edizioni Braccine