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il tuo corpo mi appare così di sé conscio

(Ruth Bernhard, 1934)

Il tuo corpo mi appare così di sé conscio
così dei suoi sensi colmo,
che nella tua nudità
godo, io che son solo.

Né ricorderei
che sei
donna d’ognuno che tu voglia,
non mi straziasse
la tua sapienza: uomini mali bambini
anime da molcere con arti.

(14 giugno 1933)

da Diario umano, Giovanni Amelotti, Emiliano degli Orfini, 2014

il padre di Carlo Michelstaedter

(Lettera di Leopardi al Giordani del 6 marzo 1820)

“… poche sere addietro, prima di coricarmi, aperta la finestra della mia stanza, e vedendo un cielo puro, un bel raggio di luna, e sentendo un’aria tepida e certi cani che abbaiavano lontano, mi si risvegliarono alcune immagini antiche, e mi parve di sentire un moto nel cuore, onde mi posi a gridare come un forsennato, domandando misericordia alla natura, la cui voce mi pareva di udire dopo tanto tempo. E in quel momento dando uno sguardo alla mia condizione passata, alla quale ero certo di ritornare subito dopo, com’è seguito, m’agghiacciai dallo spavento, non arrivando a comprendere come si possa tollerare la vita senza illusioni e affetti vivi e senza immaginazione ed entusiasmo; delle quali cose un anno addietro si componeva tutto il mio tempo, e mi facevano così beato, nonostante i miei travagli. Ora sono stecchito e inaridito come una canna secca, e nessuna passione trova più l’entrata di questa povera anima, e la stessa onnipotenza eterna e sovrana dell’amore è annullata a rispetto mio nell’età in cui trovo… questa è la miserabile condizione dell’uomo, e il barbaro insegnamento della ragione, che, i piaceri e i dolori umani essendo meri inganni, quel travaglio che deriva dalla certezza della nullità delle cose sia sempre e solamente giusto e vero”.

Propriamente il Leopardi non può subire passivamente, “pati”; è in condizione di poter essere solo attivo, di dover dominare la materia che gli si presenta e trasformarla per la sua opera. Ciò significa, che deve vivere doppiamente nel soffrire che lo tiene immobile: da un alto il dolore come una realtà che grava su di lui; dall’altro il senso dell’impossibilità dell’attività, che si tramuta nel pieno avvertimento di quello. Nasce uno stato di conoscenza, che è un girare a vuoto nella mola della vita.

da La filosofia del Leopardi, Giovanni Amelotti, R.Fabris (1937) (in corso di pubblicazione per le Edizioni Emiliano degli Orfini)

AAA CERCASI…

… anche per sola lettura:

IL GIORNALE D’ORIENTE. SAVOIA! NUMERO UNICO EDITO IN OCCASIONE DELLA VISITA DI S. M. VITTORIO EMANUELE III RE D’ITALIA A S. M. RE FUAD I RE D’EGITTO

Autore: AA.VV.
Descrizione: In 4, pp. 96 con foto in b/n e ill. in nero e rosso n.t. Br. ed. Compaiono articoli su Ungaretti, Marinetti, le scuole di Alessandria d’Egitto realizzate da Busiri Vici…
Editore: Novissima
Luogo di Edizione: Roma
Anno: 1933 

Vittorio Emanuele III e Balbo in Libria nel 1933

Vittorio Emanuele III in Libia

appunti per Mi chiamo M.M. n.19

io vi leggo

Sulla falsacopia di Gnocchi d’autunno in Sono nato di Georges Perec:

All’inizio tutto sembra semplice: volevo leggere, e ho letto. A forza di leggere, sono diventata lettrice, dapprima, per molto tempo, per me sola, oggi per gli altri. In teoria, non ho più bisogno di giustificarmi (né ai miei occhi, né agli occhi degli altri): sono lettrice, è un fatto scontato, un dato, un’evidenza, una definizione; posso leggere o non leggere, posso restare parecchie settimane o parecchi mesi senza leggere, o leggere “bene”, o leggere “male”, non cambia nulla, la mia attività di lettrice non è per questo un’attività parallela o complementare; non faccio nient’altro che leggere (se non guadagnare tempo per leggere), non so fare nient’altro, non ho voluto imparare nient’altro… Leggo per vivere e vivo per leggere, e poco ci è mancato che immaginassi che la lettura e la vita potessero confondersi completamente: sarei vissuta in compagnia di libri, nella segregazione della vita in provincia,al mattino avrei passeggiato nei boschi, al pomeriggio avrei leggiucchiato qualche pagina, forse la sera mi sarei qualche volta rilassata ascoltando un po’ di musica…

(…)

So, grosso modo, come sono diventata lettrice (grazie a Marcello, l`unico Bartleby che conosco).
Non so esattamente perché. Avevo davvero bisogno, per esistere, di scorrere l’occhio su parole e frasi? Mi bastava, per essere, essere lettrice di alcuni libri?
Aspettavo, per essere, che gli altri mi designassero, mi riconoscessero. Ma perché attraverso la lettura? Per molto tempo ho voluto essere (delfinaia, cameriera, genetista), per le stesse ragioni suppongo, ma sono diventata lettrice. Perché proprio la lettura?

Avevo dunque qualcosa di tanto particolare da udire


scrivendo, mi leggete

Perché Giacomo Leopardi, Giovanni Amelotti, Wallace Stevens, Michele Mari, Angiolo Bandinelli, Carlo Michelstaedter salvano la mia vita? Perché la loro scrittura davanti ai miei occhi è un Orfeo che non si volta.

Una ghirlanda accolla la tua camicetta

lover donnini

Una ghirlanda accolla la tua camicetta
hai quel volto per quei
due grandi pesti
occhi verdi
donna nella strada
sfatta, piacente nelle vesti abbandonate –
ma hai quel volto
bello dalla luce
dei suoi occhi
di eletta della perdizione

La tua compagna si diverte
a far dondolare
gli oggetti delle mostre
per la stretta via.

da Diario umano, Giovanni Amelotti, Emiliano degli Orfini (1934 e 2014)

incedente nella serena grazia

wallace g levison

I.

Fragile come un fior sovra lo stelo

sorta tra’ miei pensier senza dolore

                                amore, amore

                             coronata di rose.

II.

Incedente nella serena grazia

                       Oh non mutare

                          non sofferire

                     solo immaginare.

                Immagine veduta

             ti muovi tra le cose.

(4 dicembre 1931)

da Diario umano, Giovanni Amelotti, Emiliano degli Orfini – Genova, 1934/ Emiliano degli Orfini – Roma, 2014

e si dovrebbe non credere alla morte

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e si dovrebbe non credere alla morte
come all’estrema forma di esistere,
obliando le pungenti ansie ricurve,
e la costellazione dei nomi defunti,
la nostra disponibilità risorgente
a raccogliere il sasso caduto,
nel vento sottile dell’autunno
chiedendo alla dorata luce di resistere.

poesia di Tiziano Salari, presa da Blanc de ta nuque