Ho digitato su Google il nome e il cognome di H. La combinazione dei due è comparsa tra le prime occorrenze assieme a una serie di sei fotografie. Quattro mostravano uomini giovani, tra i venti e i trent’anni – dunque da eliminare. Le altre due erano foto di gruppo. Ho cliccato su quella a colori per ingrandirla. Era tratta da un giornale di provincia, accompagnata da un titolone: E e H celebrano le nozze d’oro. Era proprio lui, la regione e la località non lasciavano dubbi. La foto mostrava un fitto gruppo di invitati disposti in quattro file molto strette – probabilmente per far entrare tutti nell’inquadratura – sull’erba di un prato, con della vegetazione sullo sfondo. I volti erano ripresi da lontano, un po’ fuori fuoco. Tra i presenti, tutti gli uomini della mia generazione avevano i capelli bianchi. In mezzo al gruppo, l’ho individuato in quello dalla statura più imponente, le spalle cadenti, la pancia, un’aria da patriarca, al fianco di una donna più bassa – forse con gli occhiali, era difficile a dirsi. Portava una camicia casual dal colletto sbottonato. Fissandolo ho ritrovato la forma pesante del volto, il naso importante che me l’aveva fatto paragonare a Marlon Brando. Adesso, sulla foto, c’era il brando di Ultimo tango a Parigi. Li ho contati, erano una quarantina, di tutte le età, con bambini seduti a terra o tenuti in braccio. Sulle prime non ci ho pensato, ma sembrava una colonia estiva. L’articolo riferiva che la coppia si era sposata negli anni Sessanta, aveva avuto dei figli, numerosi nipoti e anche dei bisnipoti. La vita di un uomo.
Niente di più reale, in sé, di questa foto recente, scattata poco più di un anno fa, eppure a lasciarmi stupefatta è l’irrealtà di ciò che vedo.
L’irrealtà del presente, di questo quadretto famigliare campestre, al cospetto della realtà del passato, l’estate ’58 a S, che da mesi sto facendo passare dallo stato di immagini e sensazioni a quello di parole.
Come siamo presenti, noi, nell’esistenza degli altri, nella loro memoria, nel loro modo di essere, persino nei loro gesti? Incredibile sproporzione tra l’influenza sulla mia vita delle due notti passate con quest’uomo e il nulla della mia presenza nella sua. Non lo invidio, sono io che scrivo.
da Memoria di ragazza, Annie Ernaux, L’Orma Editore, trad. di Lorenzo Flabbi
Il 2 giugno 2010 a proposito di una macchina del tempo.
Ritrovando il Gilberto del 1977 in una foto, tornai alla configurazione di seienne.