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a eloisa

foto di Ilaria Bartocci

Gridi acuti di donne accarezzate,
I denti, gli occhi, le ciglia bagnate,
Il vago seno che scherza col fuoco,
Il sangue che arde in labbra che s’arrendono,
Le dita, i doni estremi che difendono,
Tutto sotterra va, torna nel giuoco!

da Il cimitero marino, Paul Valéry, Einaudi, trad.di Mario Tutino

Jiri Trnka

E nient’altro mai- lo sa Dio- cercai in te fuorché te: e a te puramente anelai, non ai redditi. Non mi ripromisi nuziali patti, né prerogative di sorta: né, come ben vedesti, m’adoperai a raggiungere voluttà mie, ma tue. E se più santo e più valido appare il nome di moglie, più dolce a me fu sempre la designazione di amica, e magari quella – se non te ne sdegni- di concubina o di ganza: sicché, quanto più umiliata mi fossi per te, tanto maggior tenerezza da te ne avessi, e tanto meno offuscassi la gloria della superiorità tua.
(…)
Ne chiamo Dio in testimonio: se un Augusto governasse il mondo intero – proponentemi gli onori del talamo- mi apparirebbe più gradito e più degno l’esser detta meretrice di Te ché imperatrice di lui.

Eloisa ad Abelardo, trad.italiana di Ercole Quadrelli, Formiggini-Roma 1927

duplice silenzio

Segnalibro per lettori notturni, di Ilaria Bartocci

Vi sono qualità -entità senza corpo-
che hanno duplice vita: così è quella che sgorga
gemella da materia e da luce, e ne sono
prove l’ombre dei corpi. C’è un duplice silenzio:
anima e corpo, mare e spiaggia. Uno dimora
in luoghi solitari, di fresca erba coperti:
certe grazie solenni, certi umani ricordi,
una scienza grondante di lacrime, lo rendono
spoglio d’ogni terrore; il suo nome è “mai più”.
È il silenzio corporeo, e non devi temerlo:
non ha potere alcuno, in sé, di fare il male.
Ma se un destino avverso (o sorte prematura!)
ti porta ad incontrare la sua ombra (fantasma
senza nome che infesta le deserte regioni
che il piede umano ignora), raccomandati a Dio!

da La città nel mare e altre poesie, Edgar Allan Poe, Forum/Quinta Generazione, trad.di Franco De Poli

finale

Lassù sull’altopiano di Ribes Sappa

   Nell’ultimo viale,
seduti,
all’aria aperta e soli,
pensierosi, mano nella mano.

La luce diffusa dell’ultima
ora,
di cose che, se sono state,
tornano a poco
a poco.

Paese ormai scomparso.

Assenza di sguardi
che volano dalla torre
nel cielo,
in un viaggio senza fine.

Parola sola che pende
dal filo di ferro
sulla strada, leggera.

Dolce festa di pace nel crepuscolo,
dolce festa che si guarda
fuori nella vita,
nel leggero zeffiro,
innanzi alla primavera.

da Ambito, Vicente Aleixandre, Liguori Editore, trad.di Gabriele Morelli

le statue


dea di ribes sappa

 

“…ci dice costui che a tarda ora di notte le statue presaghe hanno i brividi di vita nelle silenziose piazze ove non passa più anima; egli ne ha sorpresa più d’una ora a scuotere un braccio indormentito, ora a batter le palpebre e guardar furtiva all’ingiro; d’attorno alle fontane, poi, sicure come sono di non essere udite per il fragor dell’acqua, s’arrischiano fino a tenere lunghe cicalate fra loro, come in conciliaboli di congiura…”

da il finimondo, tratto da la città dell’anima di giorgio vigolo, archinto

 


le pettegole di sara barcaroli