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Appendice a “un tu non ipotetico e caro”

Devo dirti che non l’acqua mi manca
o il pane o il letto dove sfinirsi.
Neppure una donna a seni e alghe.
Non la strada rivoltosa mi manca
o il caffè delle chiacchiere intonate.
Né il privilegio di oziare in contemplazione
mentre fuori la stagione trascolora
e l’edera attecchisce con astuzia senile.
Ho voglia di cose disamorate e vive
– non sogni tastiere evocative – poiché
l’amore, l’imponderabile non vivono
che in te, trafugati e spenti.
È dentro il tuo viso che nasce la devozione
della mia solitudine. Non m’assolvesti
quando un’esenzione chiedevo da quel grumo
d’angoscia cui sono innestato.
Non è l’amore un ragazzo cieco, violentato:
c’è una logica del profitto anche in amore.
Così per amore torno a contraddirmi.

da Canzoniere infimo e altri versi, Ferruccio Benzoni, Edizioni San Marco dei Giustiniani – Genova, a cura di Dante Isella

a mio padre

Neanche con te che ora mi sorridi
con occhi nuovi in sogno
tra il viola delle nubi il giallo
asfissiante dei crisantemi –
lo slancio d’un volo che è finito,
neanche con te troverebbe le ali.
E mentre t’allontani (rimuori)
timido come da una riva ti guardo,
ti sorrido, dopo quanti anni?

da Sguardo dalla finestra d’inverno, Ferruccio Benzoni, All’Insegna del Pesce d’Oro

vento di marzo

weegee telefono

Mi trascini a fine inverno in un diluvio
(sgrondano gl’incerati negli androni)
la neve che non è più rivedo;
ancora ritardano le gemme.
Dimmi non sarà derisorio
il vento di marzo per carità di un
demone tormento
ridicolo di lucciola. Ah,
tu, presto una mattina vattene.
Lasciami. Dopotutto so
di avere ricevuta in aggiunta
alla morte la vita. Potrei
renderla in qualunque momento
svenata del suo incanto.
Non nel vento di marzo quando
macera una grazia sugli alberi,
pavide gocciano le foglie.
Non nel vento di marzo.
Anche se da ieri i tuoi occhi
di un giorno muoiono raggiando.

da Sguardo dalla finestra d’inverno, Ferruccio Benzoni, All’Insegna del Pesce d’Oro

Moneglia il 15 ottobre 2012

Please don’t go, please don’t go, I love you so, I love you so

La casa sul mare

– è da tanto che non lo vedi?
– Tre anni dopo che…
– Dopo la mia morte?
– Tre anni

Il tempo s’era fatto immobile.
Quieta risciacquava un’infelicità
stordita, senza struggimento.

– E tu?
– Oh, io, ma sparuta nebbia tu…
– La neve mi fodera che riposa
algida sul mio ghiaccio come
una sposa, una colomba senza desideri.
Ricordami, tu che mi ascolti
di là da un vetro, di un altro
inverno in attesa per sognarli
monologanti comunque
vivi i tuoi numi.

– Non esiliarmi dalla tua foschia.
Prendila questa mia supplica
estrema. Prendila, ripetila
(non esiliarmi…)
lentamente con me, ripetila.
Come una giovanetta fulgente
piegando a una culla le ginocchia.
Quante (arrossendo) nuvole nei
venti d’inverno avrai
amato torbide scavallando.

Con labbra
velate di notte accennai
increscioso un addio che era
sognava un brillìo sui capelli
radi (ricordo) falcidiati.

da Sguardo dalla finestra d’inverno, Ferruccio Benzoni, All’Insegna del Pesce d’Oro

Non mi è stato possibile scoprire il nome della lettrice del Secolo XIX, autrice della foto

a mia insaputa

Giulio Aristide Sartorio

Vorrei per una volta tutti
della mia vita i volti s’affollassero,
e uno in particolare contro
l’invetriata senza desideri.
Sorridono e all’implorante
“Vi aspetto, tornate!” –
socchiuso lasciano il battente,
neanche spettasse a me seguirli
(chi qua chi là scomparendo)
o fossi dei loro già, senza saperlo.

da Sguardo dalla finestra d’inverno, Ferruccio Benzoni, All’insegna del pesce d’oro, 1998