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nessuna migliore sorte fra migliori cieli

foto di Enzo Penna

Ulula la bufera; già ribolle
e ruggisce l’abisso marino e neri flutti
si susseguono, si alzan fino al cielo
schiumando irosi, rompono sui massi della riva.

Quale forza nemica, quale mano
tiranna ha stretto in cumuli le nubi
e ha fatto che nei cieli nascesse l’intemperie?
Chi, sovvertendo i piani di natura,
scaglia contro la terra, con monti d’acqua, il mare?
Non forse quello spirito malefico, signore
della Geenna, che ha diffuso il male
nell’universo, e sottomesso ha l’uomo
a desideri, morbi, passioni e distruzione,
armando contro il creato le forze
che il creato ebbe in dono? Innanzi a lui
la terra trema: lui ha velato l’etere
con ali sterminate e lui, col suo ribelle
potere, nuove onde ruggenti.

Quando verrà il desiderato istante?
Quando mi affiderò ai tuoi flutti, oceano?
Ma sappi: non cattura la mia mente
l’incanto di lontani lidi. Non troverò
migliore sorte fra migliori cieli,
né saprà rifiorire la mia anima
in una florida contrada. Pure,
io non voglio aspettare che la mia fine arrivi
dall’arbitrio del fato, o dal veleno
lento del vivere, in quiete servile;
per l’orgoglio dell’uomo essa è più dolce fra onde
infuriate e lottando contro la loro rabbia!
Come al levarsi della gioventù
avevo sete di gioie novelle,
così adesso, oceano, io bramo i tuoi uragani!

Ágitati, precípitati, contro i bordi petrosi:
mi allieta il tuo selvaggio, minaccioso ruggito,
come l’invito a lotta a lungo attesa,
la lusinghiera collera di un potente nemico.

1824

da Liriche, di Evgenij Baratynskij, Einaudi, trad.di Michele Colucci

My brother Jeno, Andre Kertesz, 1917

 

osserva questo freddo volto, osserva

xilografia di Francesco Nonni

Osserva questo freddo volto, osserva:
in lui non c’è più vita;
ma quanto vi decifri ancora il segno
delle passioni antiche!
Così l’irosa corrente, ghiacciata,
pende sul precipizio
e, perso il suo ruggito minaccioso,
serba l’ombra del moto.

Gennaio 1825

da Liriche, Evgenij Baratynskij, Einaudi, a cura di Michele Colucci

nell’incanto di un sogno

Nell’incanto di un sogno, vedo a volte
un’amorosa fata, ed è già pronta
a servirmi con tutta la sua scienza.
Esultando con l’anima ingannata,
io le sussurro i miei miraggi…ebbene?
è strano ma anche nel sogno la gioia
mi è irraggiungibile: sempre ai suoi doni
essa pone una qualche condizione,
malevolmente escogitata, così
che li avvelena oppure li cancella.
Dunque, è schiavo perfino il nostro spirito
del beffardo destino della terra,
dunque, la nostra povera ragione
si sottomette a tal punto al reale
che, senza immaginarlo, le sue leggi
trasporta sino al mondo dei miraggi.

da Liriche, Evgenij Baratynskij, Einaudi, trad.a cura di Michele Colucci