Ulula la bufera; già ribolle
e ruggisce l’abisso marino e neri flutti
si susseguono, si alzan fino al cielo
schiumando irosi, rompono sui massi della riva.
Quale forza nemica, quale mano
tiranna ha stretto in cumuli le nubi
e ha fatto che nei cieli nascesse l’intemperie?
Chi, sovvertendo i piani di natura,
scaglia contro la terra, con monti d’acqua, il mare?
Non forse quello spirito malefico, signore
della Geenna, che ha diffuso il male
nell’universo, e sottomesso ha l’uomo
a desideri, morbi, passioni e distruzione,
armando contro il creato le forze
che il creato ebbe in dono? Innanzi a lui
la terra trema: lui ha velato l’etere
con ali sterminate e lui, col suo ribelle
potere, nuove onde ruggenti.
Quando verrà il desiderato istante?
Quando mi affiderò ai tuoi flutti, oceano?
Ma sappi: non cattura la mia mente
l’incanto di lontani lidi. Non troverò
migliore sorte fra migliori cieli,
né saprà rifiorire la mia anima
in una florida contrada. Pure,
io non voglio aspettare che la mia fine arrivi
dall’arbitrio del fato, o dal veleno
lento del vivere, in quiete servile;
per l’orgoglio dell’uomo essa è più dolce fra onde
infuriate e lottando contro la loro rabbia!
Come al levarsi della gioventù
avevo sete di gioie novelle,
così adesso, oceano, io bramo i tuoi uragani!
Ágitati, precípitati, contro i bordi petrosi:
mi allieta il tuo selvaggio, minaccioso ruggito,
come l’invito a lotta a lungo attesa,
la lusinghiera collera di un potente nemico.
1824
da Liriche, di Evgenij Baratynskij, Einaudi, trad.di Michele Colucci
My brother Jeno, Andre Kertesz, 1917