E sono io che devo fare la domanda: warum sind Sie hier? perché la mia situazione è privilegiata. In confronto a questo soldato tedesco, e per quanto riguarda le domande da fare, la mia situazione è privilegiata. Perché l’essenza storica comune a tutti noi in quest’anno 1943 che ci facciamo arrestare, è la libertà. E nella misura in cui partecipiamo di questa libertà ci assomigliamo, ci identifichiamo, noi che possiamo essere tanto dissimili. E nella misura in cui partecipiamo di questa libertà ci facciamo arrestare. Perciò è la nostra libertà che bisogna interrogare, non il nostro stato di arresto, la nostra condizione di prigionieri. Naturalmente, lascio da parte quelli che fanno la borsa nera e i mercenari delle formazioni. Per loro l’essenza comune è il denaro, non la libertà. Naturalmente, non pretendo che partecipiamo tutti nello stesso modo di questa libertà che ci è comune. Alcuni, e sono certamente molti, partecipano casualmente di questa libertà. Forse hanno scelto liberamente la resistenza, la vita clandestina, ma da allora si limitano a vivere le conseguenze di questo atto libero. Hanno accettato liberamente la necessità di entrare nella resistenza, ma da allora vivono nella routine determinata da quella libera scelta. Non vivono la loro libertà, ci si addormentano. Ma non si tratta, adesso, di esaminare tutti i particolari e le vicende del problema. Della libertà parlo solo incidentalmente, è il racconto di quel viaggio che mi prefiggo. Ci tenevo solo a dire che alla domanda del soldato tedesco di Auxerre: warum sind Sie verhaftet? è possibile una sola risposta. Sono in prigione perché sono un uomo libero, perché mi sono trovato nella necessità di esercitare la mia libertà, perché non ho rifiutato questa necessità. Così egualmente, alla domanda da me fatta alla sentinella tedesca, in quel giorno di ottobre: warum sind Sie hier? e che tutto sommato è una domanda assai più grave, non c’è che una sola risposta possibile. E’ qui perché non è altrove, perché non ha sentito la necessità di essere altrove. Perché non è libero.
da Il grande viaggio, Jorge Semprun, Einaudi, trad. Gioia Zannino Angiolillo
(libro consigliatomi dal libraio Federico Fantinel e rubato al librajo Dario Sutter)