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librare

 
Petali e piume, Gianni Favaro

 

“Presto riavrai la tua libertà.” “Riavrò la libertà di tornare a far muri in cantiere, di avere la casa vuota e di trovarti in sogno.” “Avrai la libertà di tornare ai libri, l’unica cosa che ti lascio, oltre al bridge. Riavrai i libri, l’unico posto dove l’esperienza che uno fa al mondo, trova parole d’accompagnamento.”

da In alto a sinistra, Erri De Luca, Feltrinelli

 

av, ricorda

Terra e mare, Francesco De Nittis

“Ricorda il giorno di shabbàt”: certo che mi ricordo, lo aspetto una settimana intera, pensò qualcuno, indolenzito ancora dai turni di fatica d’Egitto e incredulo di trovarsi liberato dai lavori forzati.
La divinità non si riferiva a quello. Intendeva: ricorda il primo giorno di shabbàt del mondo, quando Elohìm cessò la sua manifattura. Come poterlo ricordare? La cellula di partenza della specie umana era presente. Quei due primi, Adàm e Havà, hanno ascoltato l’improvviso silenzio dell’arresto. Era il giorno sesto del creato ma per loro era il giorno uno. Venne sera e silenzio, si spalancò la notte e si sdraiarono sotto. non sapevano se sarebbe tornato un altro giorno e la sua luce. tutto era nuovo per loro e tutto era già apparecchiato intorno. Seppero che ogni cosa li aveva preceduti, la vita intera esisteva già prima di loro due. Seppero in quel primo buio di essere ospiti.
Era finita l’opera, ma a completarla e darle perfezione ci voleva la settima, che in musica si chiama dominante. Il mondo era stato creato con un arrangiamento musicale, le sue regole rispondono alla combinazione di tempi, toni, diesis e bemolle. La coppia ultima nata intendeva le più vaste frequenze, il basso continuo del creato.
Quella sera il mondo si interruppe, come un principio di sordità all’orecchio. Succede anche a chi passa alla penombra da una forte luce. Lentamente distinsero il silenzio del primo shabbàt del mondo. Era bonaccia a mare, la fogliuzza che non tremola più, il vapore che sale dritto dalle narici dei bufali, i loro occhi tranquilli: anche per gli animali quello era il primo sabato, ma loro lo aspettavano.
Ricorda la prima notte dei nostri primi due, si mischiava l’amore allo spavento, la risposta insieme alla domanda. Erano nudi, si protessero abbracciandosi i corpi, la testa nella spalla dell’altro nell’incavo accogliente tra la scapola e il collo. Scoprivano l’incastro che permette a due corpi di fare l’unità. Fu la prima scoperta della conoscenza, senza la distinzione ancora del bene e del male. Quella prima notte profumava di creato spento. L’amore accelerava l’esperienza, faceva succedere tutto in una notte. E che notte, la prima: non erano stati bambini, l’amore fu il primo dei giochi. Passarono dalle risate al solletico, alla concentrazione di frugarsi. Mentre si strofinavano felici si urtarono le labbra. Stupiti si scansarono, poi le riaccostarono. Si chiusero gli occhi da soli, la vista e tutti i sensi accorsero alla bocca. Nacque per accidente allegro il primo bacio. Al termine del gioco erano arrivati al bacio mille.
Ricorda il giorno di sabato, iniziato la sera del sesto, prolungato nell’insonnia amorosa, nel breve sonno sazio, nel risveglio a giorno canterino. Quello è shabbàt, di quello avrai ricordo. Le donne sotto il Sinai guardarono i mariti, gli uomini si voltarono verso di loro, chiamati da quegli occhi. Che giorno è oggi? Facciamo che è già il sesto, che stasera è shabbàt.

da E disse, Erri De Luca, Feltrinelli