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La derubata che sorride, ruba qualcosa al ladro

“Il derubato che sorride, ruba qualcosa al ladro”  Emily Dickinson cita questo passo dell’Otello “He that is robb’d, not wanting what is stolen,/Let him not know’t, and he’s not robb’d at all”.

Prosegue, Elèmire Zolla, nella sua introduzione a Selected Poems and Letters per Ugo Mursia Editore (1961):

perché non cede a costui la propria anima; astenendosi dal turbamento, dal risentimento egli evita di essere travolto, di formare con il ladro una catena di effetti malvagi. Non è, questa, la codardia dello schiavo che ha buttato le armi, bensì il sentimento di chi si pone sopra la contesa, anche se vi partecipa. Nel furto, la vittima deve saper vedere il rapporto, non soltanto il ladro, e astenersi dal rancore: considerare il ladro come il divino limite, la necessità che definisce lui in quel momento. Se questa è rassegnazione, è come dice Emily, la rassegnazione di Brabanzio, cioè del padre di Desdemona, il quale, alle strette, dovendo consegnare la figlia al Moro esclama:

I here do give thee that, with all my heart,
Which, but thou hast already, with all my heart
I would keep from thee.

Cedo “con tutto il cuore” ciò che, se tu già non l’avessi, “con tutto il cuore”, ti vieterei, dice Brabanzio; la sua è la forza che Emily trova prescritta con più spento vigore da Emerson nel saggio Fate. Bisogna liberarsi dal giro della fortuna, vederla come è in realtà: ruota di tortura, ruota infuocata, per evaderne infine: questa la lezione che Emily trae da King Lear (come da The Tempest, Henry VIII, Richard II): acquistare la saggezza di Cordelia è il suo proposito.

Suleman, ancora torni alla mia porta: non ti rassegni alla mia non belligeranza, alla mia comprensione.

Sono altrove, sono Isegbwe.

I heard a Fly buzz – when I died

I heard a Fly Buzz – when I died-
The Stillness in the Room
Was like the Stillness in the Air –
Between the Heaves of Storm-

The Eyes around – had wrung them dry
And Breaths were gathering firm
For the last Onset – when the King
Be witnessed – in the Room –

But the King isn’t you – empty
Relic, flashy Doom –
You owe me Your Bloom-
Stingy Frolic – I owe you
One joyFOOL Noon.

Emily Dickinson (vv.1-8) strapazzata da Carmela Moscatiello (vv.9-13)

 

Dublinato

5.50…9.35 – 11.35

It was not Death, for I stood up,
And all the Dead, lie down –
It was not Night, for all the Bells
Put out their Tongues, for Noon.

It was not Frost, for on my Flesh
I felt Siroccos – crawl –
Nor Fire – for just my Marble feet
Could keep a Chancel, cool –

And yet, it tasted, like them all,
The Figures I have seen
Set orderly, for Burial,
Reminded me, of mine –

As if my life were shaven,
And fitted to a frame,
And could not breathe without a key,
And ’twas like Midnight, some –

When everything that ticked – has stopped-
And Space stures all around –
Or Grisly frosts –  first Autumn morns,
Repeal the Beating Ground.

But, most, like Chaos – Stopless – cool –
Without a Chance, or Spar –
Or even a Report of Land –
To justify – Despair.

Emily Dickinson (1862)

***

trad. di Barbara Lanati

Non era la morte, perché stavo in piedi,
mentre i morti, tutti, stanno distesi –
Non era la notte, perché le campane
a distesa suonavano il mezzogiorno.

Non era il gelo, ché sulla carne
sentivo lo scirocco – strisciare –
Non era il fuoco – ché i miei piedi di marmo
un altare avrebbero ghiacciato-

Eppure il sapore era quello,
e le forme composte,
che ho visto pronte alla sepoltura,
mi ricordavano  –  la mia –

Era come se la mia vita fosse stata
piallata e forzata in una struttura,
come se la chiave mancasse e con essa il respiro,
come a mezzanotte, a volte –

quando il ticchettio del mondo s’arresta –
e lo spazio fissa le cose d’intorno
e i morsi del gelo, i primi mattini d’autunno
attanagliano il respiro del suolo.

Ma più d tutto era il caos, freddo, perenne
senza un appiglio, un albero di nave,
neppure, un segnale di terra,
a giustifica della – Disperazione.

Austero come il Profilo di un Albero contro un cielo invernale

(…) Papà ha ancora molti Armadi che l’Amore non ha mai saccheggiato. Ti voglio – ti voglio teneramente. L’aria è soffice come l’Italia, ma quando mi sfiora, la respingo con un Sospiro, perché non sei tu. Ieri sono tornati i Vagabondi (…) Per favore scusa il divagare della mia scrittura. L’insonnia fa incespicare la Matita. E l’Affetto la intasa. La nostra Vita insieme è stata un lungo perdono da parte tua verso di me. Lo sconfinamento del mio rustico Amore nei tuoi Reami di Ermellino richiede la clemenza di un Sovrano – l’unico a cui mi sia mai inginocchiata.

è meglio la luna o la mezzaluna? (il rovescio)

è meglio la luna o la mezzaluna?
Nessuna di esse – dice la luna-
il meglio è ciò che non è –
raggiungilo – cancellerai lo splendore.

Il godimento non è del possesso –
rabbrividisci quando ottieni.
Segue il decomporsi dello slancio –
la sua natura è prisma.

da Le stanze di alabastro, Emily Dickinson, SE Studio Editoriale, trad. di Nadia Campana

Tag aggiunte il 18 marzo 2024