Tag Archives: edoardo müller

Edoardo Müller

Zio della festa, zio delle meraviglie, esotico ma presente, zio delle sorprese, primo giocatore dei giochi inimmaginabili (teatrini con la calamita, le cere, gli autarchici scialli argentati o ramati), generoso nel lasciare gli strumenti alla portata delle mie mani goffe, croupier dei capodanni più belli, Maestro e maestro, oltre la porta pesante del tuo studio sempre aperta e con l’accogliente sorriso di chi si è conquistato il diritto a svolgere nella propria vita ciò che procura gioia. Ti ascolto.

appunti per CAPSULA PETRI n.1

“Elegia de la ausencia”  di Manuel Ponce

“Preludio op.24 n.4″ di Frédéric Chopin

nelle interpretazioni di Edoardo Müller cd n.2

“Wolf like me” di Anna Calvi

“Round the bend”, Beck

“Little one”, Beck

“I’m straight”, The modern lovers

Capsula petri;

Alfred Kubin ;

Kleist (Pentesilea per la prima parte o solo per quanto riguarda il mimetismo/cannibalico, la Katchen per la seconda-la caduta-);

Dante (salita al Paradiso; s’inluia; “pensa, lettor, se quel che qui s’inizia”, “Amor che nella mente mi ragiona”);

Bloom citando Freud;

Frattali/Pirite.

 

lo scandalo del pittore e del poeta

milo

Sul bilanciere dell’ala l’immensa librazione di una doppia stagione; e sotto la curva del volo, la curvatura stessa della terra… L’alternanza è la sua legge, l’ambiguità il suo regno. Nello spazio e nel tempo che cova con un unico velo, la sua eresia è quella di una sola estivazione. È lo stesso scandalo del pittore e del poeta, che assemblano stagioni al punto estremo di intersezione.

da Uccelli, Saint-John Perse, Edizioni dell’Orso, a cura di Anna Bianchi

Termometria

A una certa tenera età, ho forse sentito una voce, un contralto profondamente commovente…

Questo canto dovette mettermi in uno stato di cui nessun oggetto mi aveva mai dato l’idea. Esso ha impresso dentro di me la tensione, l’attitudine suprema richiesta, senza offrire un oggetto, un’idea, una causa (come fa la musica). E io senza saperlo l’ho assunto come misura degli stati e ho mirato, per tutta la mia vita, a fare, cercare, pensare quel che avrebbe potuto direttamente riprodurre in me, esigere da me – lo stato corrispondente a quel canto fortuito; – la cosa reale, introdotta, assoluta il cui incavo era stato preparato fin dall’infanzia da quel canto – dimenticato.
Il caso vuole che io sia forse graduale. Ho l’idea di un massimo di origine nascosta, che aspetta ancora dentro di me.
Una voce che scuote fino alle lacrime, alle viscere; che funge da catastrofi e scoperte; che riesce a spremere, senza incontrare ostacoli, le mammelle sacre/ ignobili/ dell’emozione/ stolida; che in un modo artificiale, di cui il mondo reale non ha mai bisogno, risveglia degli estremi, insiste, rimesta, annoda, riassume eccessivamente, sfibra gli organi della sensibilità, …svaluta le cose osservabili…La si dimentica e non ne resta che il sentimento di un grado al quale la vita non potrà mai avvicinarsi. (1910)

da Quaderni. Volume Primo – Ego, Paul Valéry, Adelphi, trad.di Ruggero Guarini