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Una lieve, luminosa opacità

Ogni volta che ci interroghiamo e cerchiamo una risposta sul nostro desiderio – che cosa desideriamo realmente? che cos’è che voglio? – nutriamo e accresciamo un essere immaginario, e riconfermiamo la differenza tra noi e il conatus. Finché mi interrogo sul mio desiderio, per possederlo, il mio conatus resterà sigillato e muto, poiché lo circoscriverò entro un limite esatto, come se fosse un oggetto che voglio o una certa azione che desidero compiere. Il conatus va invece distinto dall’oggetto del desiderio, perché è il mio movimento verso un qualsiasi desiderio, l’intuizione di un appetito più fondamentale.

E’ questo movimento che è possibile, per me, riconoscere. Conoscere interamente ciò che si desidera significa, invece, diminuire e perdere conatus, arrestare il movimento. L’oggetto del mio desiderio deve, in una certa misura, restarmi ignoto. Il desiderio implica – come dice il nome stesso – una distanza siderale, come da una stella, e come una stella emana un fitto bagliore intermittente. Posso contemplare quel bagliore, e posso fissarvi lo sguardo più attentamente – questo è il conatus-, ma non posso decifrarlo. La consapevolezza acquisita del conatus non è, dunque, la conoscenza di ciò che desidero. E’ piuttosto una specie di letizia che nasce dall’impossibilità di conoscere interamente ciò che desidero, che sia qualcosa che faccio, una mia azione, o che sia piuttosto la persona che amo. Il segreto del conatus amoroso è forse questo – che non conosco mai integralmente l’oggetto del mio desiderio, e che sempre, anche nella nudità e nella più intima assenza di pudore, sono spinto da una lieve, luminosa opacità. Esattamente come accade nella scrittura: se scrivo, non è perché già conosco qualcosa che voglio comunicare e mettere sulla pagina, ma è per il presentimento erotico di qualcosa che non conosco, e che nel movimento della scrittura prende forma e limiti più esatti. La mia sicura, chiara contemplazione di questa opacità dubbiosa – questa è la conoscenza che ho del conatus, che mi muove.

pp.61-62, La vita che vive, Emanuele Dattilo, Neri Pozza, 2022