Tag Archives: dario sutter

configurazione mergnanese

 

Ai disturbi della memoria, infatti, sono legate le intermittenze del cuore. è sicuramente l’esistenza del nostro corpo, simile per noi a un vaso in cui fosse racchiusa la nostra spiritualità, a farci supporre che tutti i nostri beni interiori, le nostre gioie passate, tutti i nostri dolori, siano perennemente in nostro possesso. Forse, è altrettanto inesatto credere che se ne vadano e ritornino. In ogni caso, se rimangono dentro di noi, rimangono per la maggior parte del tempo in una regione sconosciuta, dove non ci sono di alcun giovamento e dove anche i più usuali vengono ricacciati indietro da ricordi di diversa natura, che escludono ogni simultaneità con essi all’interno della coscienza. Ma non appena si ricostruisce la cornice di sensazioni in cui si sono conservati, essi acquistano a loro volta il medesimo potere d’espellere tutto quanto sia incompatibile con loro, installando in noi, solitario, l’io che li ha vissuti.

(…)

L’io che io ero allora, e che da tanto era scomparso, m’era di nuovo così vicino che mi sembrava ancora di sentire le parole pronunciate subito prima e che, tuttavia, non erano più che un sogno, così come un uomo non ancora ben desto crede di percepire proprio accanto a sé i rumori del suo sogno che svanisce.

da Sodoma e Gomorra- Le intermittenze del cuore, Marcel Proust, Mondadori, trad.di Giovanni Raboni

configurazione sinigagliese

 

Un’estate di bassi fondali
un inverno di gradini
dov’è che vorresti salire?
scendi al riparo dai mali.

La pioggia allaga il piazzale
congiura nelle mie scarpe
ecco distanza e profondità
freddo l’ascensore risale
mai che l’angoscia si affidi
che il lampadario s’infogni.

Ma è una serie di sogni
che mulina cangiante
è l’ombra mancante
al vetro illuminato
è l’acqua smarrita
nello scheggiato bicchiere
la nottola collocata dentro un milione di sere.

da Il bene materiale, Paolo Febbraro, Scheiwiller

configurazione monegliese

 

Passato, futuro, ora, giorno, mese, anno: sono tutt’uno per me. Le varie fasi dell’infanzia e della maturità sono per me nient’altro che parole inutili. Significano qualcosa solo per la gente comune, per la marmaglia-sì, questa è la parola che cercavo- la marmaglia, per cui la vita, come l’anno, ha i suoi periodi definiti, le sue stagioni, e si inserisce nella zona temperata dell’esistenza. Ma la mia vita ha conosciuto sempre una sola stagione e un solo modo di essere.

da La civetta cieca, Sadègh Hedayat, Feltrinelli

avvento

 

 

Ascolta, ascolta: la poesia
non ha, dell’uomo, soltanto la musica. Anche la morte
la poesia ha. E il cuore, gli estri. Quali epopee
in questi riti! Volevo
chiedere dove va il mondo. Perché siam qui,
cosa facciamo.
Siamo andati, stamani, tra i cipressi,
ammaccati di nubi, del Verano. I corpi stan lì,
le teste dei morti ci guardavano,
si voltavano le teste dei morti.

Forse,
avrebbero voluto tornare nell’aria
e vedere come finisce la storia
dell’uomo che sarà vivo per ultimo
eppoi, insieme, dove andremo in taboga.

da Le poesie, di Marcello Landi, Editrice Nuova Fortezza, 1982, introvabile e inspiegabilmente (senza immaginare un sortilegio) trovato dal librajo Dario Sutter

il dibuk

foto di Ribes Sappa

 

Il Messaggero (con grande calma e chiarezza)

Le anime dei morti tornan quaggiù, ma non spiriti eterei, senza più corpo, come avverrà quando avran raggiunto l’alta purezza! La colpevole anima assume aspetti bestiali o s’imprigiona entro la dura scorza o nei rami contorti degli alberi. O dei novelli nati nelle gracili forme si rifugia.

Leah

Ah, parla, parla ancora!

Il Messaggero

Ed ogni maledetta anima errante che non trova riposo, del corpo altrui talora s’impossessa, ed in quel corpo, alla fine, si purifica. Ciò si chiama “dibuk”!

da Il Dibuk leggenda drammatica in un Prologo e tre Atti, di Scialom An-Ski, riduzione di Renato Simoni per la musica di Ludovico Rocca, G.Ricordi e C.Editori Milano, 1934

Ricordi di libreria

 

Quando trovai impiego in un negozio di libri di seconda mano (chi non vi ha mai lavorato lo immagina facilmente una specie di paradiso, dove gentili vecchi passano il tempo a sfogliare grossi tomi rilegati in cuoio), la cosa che più mi colpì fu la scarsità di persone che veramente si interessano ai libri. Il nostro negozio possedeva un assortimento di opere pregevoli, ma ben prsto dovetti chiedermi se almeno il dieci per cento dei clienti fosse in grado di distinguere un libro bello da uno scadente. Gli snob in cerca di prime edizioni erano molto più frequenti che non i veri cultori della letteratura. La nostra clientela era costituita soprattutto da studenti orientali, che stiracchiavano a non finire sul prezzo di libri di testo a buon mercato; e da donne con idee molto vaghe, in cerca di un regalo per il compleanno del nipotino.
Molti nostri clienti appartenevano alla classe di persone che darebbero noia in un qualsiasi negozio, e in una libreria trovano il luogo ideale per esibire questo loro talento. Per esempio la cara vecchina che “desiderava un libro per un malato” (richiesta molto frequente), o l’altra cara vecchina che aveva letto un così bel libro nel 1897 e chiedeva se non potessimo procurargliene una copia. Disgraziatamente non ricordava né il titolo né il nome dell’autore né di che cosa trattasse il libro. Ricordava solo che aveva una copertina rossa. Oltre a questi, vi sono due ben noti tipi di scocciatori, che costituiscono la maledizione di ogni negozio di libri usati. Uno è il signore decaduto che puzza di miseria a un metro di distanza e viene ogni giorno, anche parecchie volte al giorno, a proporre l’acquisto di libri che non valgono nulla. L’altro è il cliente che ordina un grande assortimento di libri, ma non ha la minima intenzione di comperarli. Nel nostro negozio non si vendeva a credito, ma si mettevano da parte i libri o si ordinavano, se necessario, per clienti che sarebbero venuti a ritirarli più tardi . Nemmeno la metà delle persone che ordinavano libri si prendeva la briga di farsi vedere una seconda volta. La cosa dapprima mi stupì. Perché si comportavano così? Entravano nel negozio, chiedevano qualche libro raro e costoso, si facevano promettere parecchie volte che l’avremmo messo da parte per loro e poi sparivano. Molti di questi erano senza dubbio dei paranoici. Si divertivano a parlarci in modo grandioso della loro vita e ci narravano le più straordinarie storie immaginabili, per spiegarci come mai fossero usciti senza soldi in tasca- storie che in molto casi sono sicuro essi stessi finissero per accettare. In una città come Londra vi sono sempre in giro molti pazzi, che non è possibile chiudere in manicomio, ed essi di solito gravitano attorno alle librerie, perché una libreria è uno dei pochi posti dove ci si può soffermare a lungo senza spendere un soldo. Non occorre molta esperienza per imparare a riconoscere queste persone a colpo d’occhio. Nonostante i loro fantasiosi discorsi, esse rivelano qualcosa di bacato e insicuro. Molto spesso, quando si ha a che fare con un evidente paranoico, si mettono da parte i libri che sono stati richiesti e poi si ricollocano sugli scaffali, non appena il cliente è uscito. Nessuno di questi, ho notato, cerca mai di portar via i libri senza pagarli. Ordinarli gli basta, perché, suppongo, questa azione gli dà l’impressione di spendere del denaro.”

George Orwell da Nel ventre della balena e altri saggi, Bompiani, trad.di Enzo Giachino