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brevimiranza n.1

I vari Betocchi, Vigorelli, Villa si sono dati ad un singolarissimo culto del nome Montale (dico singolarissimo, perché si sta perdendo il senso delle proporzioni. Nessuno sa meglio di me che ci sono -con un non lieve residuo intellettualistico- cose molto belle negli Ossi di seppia. ma è altrettanto vero che, da quando scrisse Arsenio, Montale, come poeta è finito. La sua seconda raccolta, La casa dei doganieri, è totalmente negativa, e peggio che mai le cose posteriori!). Ungaretti vien ridotto ad annunziatore di una poesia, che in Montale è totalmente matura!
Io sono ignorato, e Betti attaccato. Ciò che Montale deve alle “petrosità” di Sbarbaro, e anche di Rebora, è taciuto. Di Saba non si parla più,è in fondo ignorato anche lui. Moscardelli, la cui ascesa è continua, è ignorato del pari. Onofri? Ignorato anche lui. La poesia moderna si chiama Montale!

da una lettera di Aldo Capasso a Luigi Fallacara del 1937

 

o carro vuoto sul binario morto

O carro vuoto sul binario morto
Ecco per te la merce rude d’urti
E tonfi. Gravido ora pesi
Sui telai tesi;
Ma nei rantoli gonfi
Si crolla fumida e viene
Annusando con fascino orribile
La macchina ad aggiogarti.
Via dal tuo spazio assorto
All’aspro rullare d’acciaio
Al trabalzante stridere dei freni,
Incatenato nel gregge
Per l’immutabile legge
Del continuo aperto cammino:
E trascinato tramandi
E irrigidito rattieni
Le chiuse forze inespresse
Su ruote vicine e rotaie
Incongiungibili e oppresse.
Sotto il ciel che balzàno
Nel labirinto dei giorni
Nel bivio delle stagioni
Contro la noia sguinzaglia l’eterno,
Verso l’amore pertugia l’esteso.
E non muore e vorrebbe, e non vive e vorrebbe,
Mentre la terra gli chiede il suo verbo
E appassionata nel volere acerbo
Paga col sangue, sola, la sua fede.

Clemente Rebora

gira la tròttola viva

Jean-Baptiste-Siméon Chardin, Fanciullo con la tròttola, 1735 

Gira la tròttola viva
Sotto la sferza, mercé la sferza;
Lasciata a sé giace priva,
Stretta alla terra, odiando la terra;

Fin che giace guarda il suolo;
Ogni cosa è ferma,
E invidia il moto, insidia l’ignoto;
Ma se poggia a un punto solo
Mentre va s’impernia,
E scorge intorno, vede d’intorno;

Il cerchio massimo è in alto
Se erige il capo, se regge il corpo;
Nell’aria tersa è in risalto
Se leva il corpo, se eleva il capo;

Gira,- e il mondo variopinto
Fonde in sua bianchezza
Tutti i contorni, tutti i colori;
Gira,- e il mondo disunito
Fascia in sua purezza
Con tutti i cuori, per tutti i giorni;

Vive la tròttola e gira,
La sferza Iddio, la sferza è il tempo:
Così la tròttola aspira
Dentro l’amore, verso l’eterno.

da Canti anonimi, 1922, Clemente Rèbora

da Mila a Mara Cerri