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Puoi partecipare allo spettacolo

bruno_munari_proiezioni_dirette

Puoi partecipare allo spettacolo, se i tuoi occhi
sono pronti. Guarda i raggi del sole, quando rischiarano
l’oscurità delle stanze. Vedrai un esercito
di piccoli esseri vorticare nel fascio di luce, ingaggiare
una lotta infinita: nascono battaglie, si formano
truppe e squadroni, si succedono senza tregua
incontri e squarci. Vedrai l’eterno agitarsi dei corpi
nel vuoto.

II, 116-122, De Rerum natura, Lucrezio nella traduzione di Milo De Angelis “Sotto la scure silenziosa. Frammenti dal De Rerum natura”, SE Studio Editoriale

Appunti per Mi chiamo M.M. n. -1

tempo qualitativo

La-Jetee-03

Il filosofo francese Henri Bergson, in opposizione con le interpretazioni scientifico-positivistiche del concetto di tempo (come successione di istanti statici calcolabili e determinati), avanza l’ipotesi di un tempo formato da istanti qualitativamente diversi l’uno dall’altro e aventi una durata distinta a seconda dell’investimento emotivo del momento. Il tempo diventa dunque un fattore soggettivo. La vera durata è quella la cui sintesi è qualitativa, ossia un graduale organizzarsi fra loro delle nostre sensazioni successive. Il tempo quantitativo è quello che considera gli istanti come due punti nello spazio e di un’azione calcola il punto di partenza e il punto di arrivo. Il tempo qualitativo invece è quello che considera la qualità di ciò che intercorre tra i due punti. Il protagonista del film di Marker (La Jetée) vive nella seconda dimensione; egli, attraverso la memoria, reitera all’infinito una durata temporale che ha avuto su di lui una carica emotiva dirompente.

da Chris Marker o del film-saggio, Ivelise Perniola, Lindau

jetee-2

appunti per Mi chiamo M.M. n. -2

cinema totale

“Dopo la guerra in corso, si fabbricheranno in grandi serie degli apparecchi riceventi perfezionati. Ma riceveranno solo spettacoli mediocri. Per fabbricare un film che dura due ore occorrono parecchi mesi di lavoro, di messa a punto, di scelta, e un numero considerevole di milioni. Uno studio televisivo, che trasmetterà anche soltanto dieci ore al giorno di spettacolo sempre nuovo, non potrà permettersi il lusso di una tale preparazione. Le emittenti si trasformeranno in surrogati di teatri, e ci mostreranno tutti i divi e tutti i repertori delle sale sovvenzionate. Inframezzeranno questi spettacoli polverosi con vedute all’aria aperta, con attualità sportive. Utilizzeranno tutto quello che non costa niente. E, naturalmente, cercheranno di proiettare dei film. Nondimeno le compagnie capitaliste di produzione si opporranno, perché se lo spettatore riceve il cinema a casa, non passerà più al botteghino. Come prendergli, allora, il suo denaro?
Anche se il cinema diventa un’industria statale, lo Stato non potrà distribuire gratuitamente, al vento, ciò che sarà costato tanti sforzi e inoltre somme sempre più considerevoli. Dovrà trovare il mezzo di fare pagare lo spettatore in camera sua.”

 

“Comunque, qualunque sia il procedimento che sarà adottato, il cinema disporrà un giorno del volume, come dispone oggi del suono e del colore.
Cosa se ne farà? I primi realizzatori che utilizzeranno il rilievo si divertiranno a dare alle folle il fremito della sorpresa e della paura. Sugli spettatori tranquillamente seduti sulle loro poltrone, precipiteranno delle macchina urlanti, delle belve inferocite, delle tempeste.
Passata la prima emozione, con il mondo abituato a questo nuovo giocattolo, occorrerà diventare seri. Allora i commercianti, che sono i padroni del cinema mondiale, reclameranno cosce e seni, poiché è ancora questo che attira di più i consumatori. E potendo offrirglielo a colori “naturali” e in rilievo, “dando così perfettamente l’illusione della realtà”, e certo che essi correranno ai botteghini.”

 

da Cinema totale di René Barjavel, Editori Riuniti, 2001, trad. di Ribes Sappa

Il libro è stato scritto tra i primi anni ’30 e il 1940, uscito fortunosamente il 20 luglio 1944 per le éditions denoël

bubble

 

 

Titolo originale:  Bubble
Nazione:  U.S.A.
Anno:  2006
Genere:  Thriller
Durata:  73′
Regia:  Steven Soderbergh
Sito ufficiale:   

Cast:  Debbie Doeberreiner, Dustin Ashley, Misty Wilkins
Produzione:  Gregory Jacobs, Steven Soderbergh
Distribuzione:  Mediafilm
Data di uscita:  Venezia 2005
12 Maggio 2006 (cinema)


Trama:
Martha e Kyle lavorano in fabbrica da molti anni e per due persone solitarie e malinconiche come loro diventare amici è stato quasi inevitabile. L’equilibrio del loro rapporto, però, viene disturbato dall’arrivo di una nuova operaia, una ragazza madre di nome Rose. Martha, che nutre qualche dubbio sul carattere ambiguo di Rose, rimane sconvolta quando scopre che Kyle, invece, ha iniziato una relazione con la ragazza. Il faticoso tentativo dei tre operai di costruire un rapporto personale più profondo, sarà però vanificato dalla morte violenta di Rose, che stravolgerà le loro esistenze abitudinarie distruggendo così ogni illusione.

 


dustin james ashley (kyle)

debbie doebereiner (martha)


misty dawn wilkins (rose)

chissà se sodebergh  ha letto la condizione operaia di simone weil.
gli attori sono tutti non professionisti e tutti donatori della propria vita al regista e alla sceneggiatrice. dustin james ashley ha 19 anni, dice d’aver trovato l’amore e ci/si concede il sorriso.
debbie doebereiner ha 47 anni, ci fa sapere che è sposata felicemente e madre di due figli ma mostra di credere come martha che lo zelo nel lavoro e la correttezza verso gli altri siano alla base della felicità. misty dawn wilkins ha 30 anni e 4 figli e spera in uno scatto sociale.
il tono di voce basso e monotono di dustin mi ricorda l’urlo di munch.

homo consumans


da un’ora cerco senza successo su http://images.google.it/ un’immagine che riproduca lo spazio compreso tra un paio di occhi ed uno schermo televisivo o cinematografico: sguardo osceno, imbarazzante.

ecco la scansione di un’immagine tratta dal libro di guy debord opere cinematografiche bompiani

 

tale oscenità è il motivo per cui è invece facile trovare immagini che escludono tale sguardo:

 

luigi falorni

La vicenda di Luigi Falorni, candidato all’Oscar per il documentario dal titolo “La storia del cammello che piange”, ha quasi il sapore di una fiaba. Studente di Cinema a Berlino, Falorni, che è originario del Mugello, si era lasciato convincere dalla compagna di corso mongola Byambasuren Davaa a presentare come tesi di laurea un documentario da filmare in Mongolia, nel deserto dei Gobi, dove una famiglia di nomadi era alle prese con una madre cammello che non riconosceva più il figlio.

Una volta realizzata, la pellicola dei due studenti ha prima entusiasmato gli spettatori di un festival in Germania, per poi commuovere le platee del Festival di Toronto. A quel punto il documentario è diventato un fenomeno che in America ha già fatto incetta di premi, compreso quello del Sindacato Registi. Infine, è giunta la notizia della candidatura all’Oscar. “A volte mi sembra di essere finito nel posto sbagliato – scherza Falorni – Il passaggio dal deserto mongolo alla pedana rossa di Hollywood è traumatico”.

Luigi Falorni è figlio di un medico molto noto al Mugello: “Finora ero conosciuto dalle mie parti come ‘il figlio del medico’ – racconta – adesso mio padre è diventato ‘il padre del regista’. E’ una soddisfazione”. A chi gli chiede previsioni per la cerimonia di Los Angels Falorni risponde con un sorriso tranquillo: “Io il mio Oscar l’ho già vinto”.