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mi piacciono gli uomini sicuri di sé

1 dicembre 2005

Fine pomeriggio – Va bene, mi pare. Studio molto. Oggi Rosaria mi ha portato il saggio di Severino sul Leopardi. Al quale seguirà un saggio di Severino che finirà di spiegare Leopardi. Per leggere il quale bisognerebbe leggere tre saggi di Severino sul Leopardi, perché costituiscono la base del suo pensiero. Via via a fondo pagina troviamo indicati e consigliati altri saggi di Severino sul Leopardi… Mi piacciono gli uomini sicuri di sé. Dal libro risultano tre nomi: Eschilo, Leopardi, Severino. Basta così.

Bruna Cordati

sul diario

E veramente la struttura del diario consente respiro e naturalezza; essa cresce di giorno in giorno come un albero, permette di seguire il pensiero nel suo formarsi, senza dare niente per definito, senza correggere le contraddizioni. Consente quella continua attività di risposta alla vita che ci fa resistere a ciò che accade poiché mentre si vive e crediamo di essere sempre la stessa persona il mondo muta e noi senza pausa mutiamo in esso; non perché si invecchi e si cambi idee e usi, ma perché muoiono via via le persone che ci amano, in cui ci specchiamo per conoscerci, e con ognuna di loro muore quella parte di noi che esse vedevano. Gran parte del lavoro della vita consiste nel resistere a queste finestre che si accecano; nel costruire la nuova individualità necessaria alle persone che ora ci vedono. Nel suo continuo alternarsi di lamento di affermazione il diario testimonia e onora questo lavoro.

dalla  Introduzione di Bruna Cordati a: Florida Scott-Maxwell, La misura dei miei giorni, Marietti, 1998

ma se la lezione va bene…

Non bisogna credere alle malsane suggestioni di chi pensa che il momento scientifico e creativo della cultura è caratteristico del professore universitario, e del professore medio il momento diffusivo. Di fronte a una scuola che sta diventando – che vogliamo diventi – scuola di tutti, non possiamo accettare queste distinzioni. Diffondere la cultura non è solo un fatto di distribuzione!

(…)

e sappiamo come sia facile che essa poi si risolva in mera apparenza; la sensazione di parlare a un pubblico già preparato, a un lettore provveduto, permette una evasione dal concetto attraverso le parole, permette accenni saputi e strizzatine d’occhio, e ‘te lo dico a te che tanto lo sai'; e in questa situazione viene a mancare proprio il controllo dal basso, quel limite essenziale alla nostra libertà di espressione che è la necessità di farsi capire; che porta all’esemplificazione, all’approfondimento, alla chiarezza.
Quale maggior controllo che aver davanti quaranta ragazzi che ti guardano in sospettoso silenzio mentre tu declami: a egregie cose il forte animo accendono? Tu vedi solo le facce dei primi banchi, gli altri sono abilmente defilati, immobili. Via via i sederi – quei sederi che indicavano all’Alfieri i passi sbagliati delle sue tragedie – si muovono a disagio sui banchi.
Ma se la lezione va bene, vi è nella classe un silenzio pieno di senso, un tesa immobilità: tutte le teste sono in vista, appaiono una dopo l’altra come lumachine che tirino fuori le corna, si spostano per vederti in faccia; ogni tua affermazione, ogni domanda, è commentata da mani che si alzano: i ragazzi discutono e lottano con te e col testo per far propria l’opera che tu stai studiando con loro.
Quale arricchimento alla comprensione di un testo ci deve venire dai nostri scolari! E per questo, quale disponibilità continua, quale apertura della nostra mente e della nostra cultura vi deve essere verso di loro!

da Quando s’insegna Dante, Bruna Cordati Martinelli, Nistri-Lischi

Io che leggo mi trovo ad avere un carattere sedentario

autoscatto a Barga

Io che scrivo mi trovo ad avere un carattere sedentario. Non che non mi piaccia passeggiare – o meglio, non che non mi piacesse passeggiare quando ero meno vecchia e camminavo meglio – ma la mia situazione prediletta, sempre di più man mano che il tempo passa, è una poltrona, una buona illuminazione, un libro, un quaderno, una penna. Sedersi e raccogliersi, riflettere, è per me un movimento naturale. Solo così mi pare si possano affrontare i successivi problemi del vivere, e solo così mi pare si possa, bene o male, uscirne.

da Jolanda, Bruna Cordati, Sandra Lischi. Con i contributi di Giordano Martinelli e Michele Lischi, Pisa, 2012

Quando guardava il bimbo che puppava

marta gioca a mamma

Anche Quintilia era rimasta incinta. E quando la pancia si fece grossa non andò più a telare, e neanche ai primi mesi dell’allattamento. Quando guardava il bimbo che puppava si sentiva così bene, senza nessun desiderio, che le veniva quasi da ridere a pensare come tante volte le era sembrato importante il suo lavoro. Guardava i colori del bimbo. Le sue mani magre, dall’indice molto corto, tastavano le gote; si faceva scorrere tra i polpastrelli i capelli fini, biondi. Il bimbo reagiva alle sue carezze, la fissava con gli occhi lattiginosi.

Da Il Paese di pietra di Bruna Cordati, Jaca Book, collana Il Grandevetro /I Vagabondi

i miei nuclei di condensazione

In tutti i tempi sono sorti uomini eccezionali

(…)

Perché i santi hanno così degli imitatori, e perché i grandi propagatori di bene hanno trascinato dietro di sé folle? Essi nulla domandano, e tuttavia ottengono. Non hanno bisogno di esortare; non hanno che da esistere: la loro esistenza è un richiamo. Tale infatti è il carattere di quest’altra morale. Mentre l’obbligazione naturale è pressione o spinta, nella morale completa e perfetta c’è un richiamo.
La natura di questo richiamo l’hanno conosciuta interamente solo coloro che si sono trovati in presenza di una grande personalità morale; ma ciascuno di noi, in momenti nei quali le sue massime abituali di condotta sembravano insufficienti, si è domandato che cosa quel tale o quel tal altro avrebbe atteso da lui in simile occasione. Questo poteva essere un parente, un amico, che evocavamo così col pensiero; ma poteva anche essere un uomo che non avevamo mai incontrato, di cui ci avevano semplicemente raccontato la vita, e al giudizio del quale sottomettevamo allora, in immaginazione, la nostra condotta, temendo da lui un biasimo, fieri della sua approvazione. Poteva anche essere, tratta dal fondo dell’anima al lume della coscienza, una personalità che nasceva in noi, che sentivamo capace di invaderci interamente più tardi, e alla quale volevamo attaccarci per il momento come fa il discepolo con il maestro.

da Le due fonti della morale e della religione, Henri Bergson, SE Studio Editoriale, trad.di Mario Vinciguerra