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l’irrealtà quotidiana

bernarda bryson shahn the beautiful sleeper of malta 1985

Ma la irrealtà è davvero la coscienza? Essa ha un marchio tutto diverso dalla coscienza. Torna all’inizio infinitesimale di una piega dell’incurvamento di F. su se stesso, quindi somiglia alla coscienza. Ma poi vi è in essa un disorientamento, un buio, una cupezza che sono il contrario della coscienza. D’altra parte ancora, essa è una vertigine, ma “spirituale”, perché il disturbo non deforma in F. la percezione delle cose, del mondo, del corpo. Sottrae, ma non altera. È una vertigine meta-fisica, breve, trasparente e insieme cupa, che non impaccia il gesto e la parola; di cui gli altri non ricevono il minimo segnale esterno; il comportamento di F. era intatto nel mondo mentre dentro distruggeva il mondo.

(…)

Il sentimento d’irrealtà (…) è un incrocio-ingorgo fra la perdita della ovvietà quotidiana concepita come verità e la medesima perdita di concepita come catastrofe, da parte di uno il cui amore per il mondo è disfatto.

(…)

Sta di fatto che improvvisamente la sera in un salotto fra la gente e le poltrone F. provava il suo torbido stravolgimento di pensiero, o guardando in faccia quello con cui parlava o abbracciando con lo sguardo tutti, stordito.

(…)

Il sentimento di irrealtà può togliere allo spirito l’oggetto e non restituirglielo più. Nel movimento dell’andare mio verso l’oggetto e del tornarmene da esso a me, insinua una frattura tra me e l’oggetto. Si affina così nel soggetto una “contemplazione” che non è soltanto autocoscienza e che si sporge su una dolorosissima mancanza o distorsione prospettica dell’oggetto (come sé e come realtà), sul vuoto, sull’irreale.

da L’irrealtà quotidiana, Ottiero Ottieri, Guanda

antoine d'agata

Notte di giugno

La luce indugia
chiara risplende la notte.

Danza cerbiatto, annusa il fieno!
La terra è un’isola di fiori.

da Dikter  Anders Österling, Casa Editrice Italica, trad. di Giacomo Oreglia

Io non sono nessuno. Solo un amico
che ancora vaga a mezzanotte.

Per seguire le orme della rugiada
ho lasciato indietro i miei anni.

L’alito delle orchidee
io sento, dunque io vivo.

Solo un velo, una lieve fessura
separa la vita delle cose dalla mia.

Come un lontano canto dell’infanzia
rinasce al mio tacito andare
tutto ciò che una volta allietava il mio cuore:
animali e fiori e la notte di giugno.

Dikter, Anders Österling, Casa Editrice Italica Stockholm – Roma, trad.di Giacomo Oreglia

Idea del linguaggio

Marta

II. Solo la parola ci mette in contatto con le cose mute. Mentre la natura e gli animali sono sempre già presi in una lingua e, pur tacendo, incessantemente parlano e rispondono a segni, solo l’uomo riesce a interrompere, nella parola, la lingua infinita della natura e a porsi per un attimo di fronte alle mute cose. Solo per l’uomo esiste la rosa indelibata, l’idea della rosa.

da Idea della prosa, Giorgio Agamben, Feltrinelli, 1985

le feste in libreria

A Linuccia

 Trieste, 2 dicembre (ma gennaio) 1953

Mia cara Nucci, ti mando alcune cartoline della zia Regina, anche quasi a caso, nelle quali ho sottolineate le parole che ti riguardano.
Natale non è andato tanto male; ma ieri è stata una giornata atroce: tutto colpa quella strega della quale ti ho parlato al telefono, e, più ancora, mamma, che dava a me la colpa di tutto e, dopo tutto quello che avevo fatto perché passasse un buon primo dell’anno, è venuta in camera mia la mattina, dopo una notte per entrambi insonne, a farmi i più pungenti rimproveri per il mio contegno, ecc. Il mio contegno consisteva solo nell’aver parlato male con Goldstein delle feste, degli auguri, della mancanza d’immaginazione della gente che li fa a fuoco continuo, ecc. ecc. (Ero esasperato della giornata in Libreria, dei “buon fine e buon principio” ecc.ecc.); e quando, arrivato a casa, per mangiare le solite due uova in pace con mamma, ho sentito suonare la porta di casa. Erano Goldstein e sua moglie con in mano uno scovolo (1). Non dissi nulla contro di lei: dissi solo che anche il suo parente, il dott.Corsi, odia le feste e gli auguri. Lei capì (deve essere matta del tutto) che…il dott.Corsi aveva parlato male di lei a me. E a mamma si può ancora lasciare il portafoglio degli interni, ma non quello degli esteri (2).
A Carlo (benché non abbia risposto all’ultima mia) scriverò probabilmente oggi stesso per i ricordi-racconti.
Saluta Nello. Sono il tuo

papà

(1) In triestino la parola indica anche, per estensione scherzosa, un mazzo di fiori

(2) Saba tornerà sull’argomento in una lettera a Linuccia del 5 gennaio “Mamma sta bene; ma – come ti ho detto – mi ha completamente avvelenato il primo giorno dell’anno, ed anche la sera della vigilia (…) E pensare che avevo fatto tutto il possibile perché passasse un buon primo giorno dell’anno: avevo appagati tutti i suoi “ghee” e fatto venire da Bologna un bel tartufo. Ma pare avesse più importanza la suscettibilità della Goldstein (che io non offesi in alcun modo) che non la mia povera vita. Adesso è tutto passato e , al solito, tutto perdonato. C’è – c’è sempre stata- (anche in te) quella maledizione dell’estero”.

da Atroce paese che amo. Lettere famigliari (1945-1953), Umberto Saba, Bompiani

Los e Enitharmon

Titolo segreto, di Franco Carotti

Ma Los vide la Femmina, e n’ebbe pietà;
E l’abbracciò; lei pianse, e si mostrò ritrosa;
Con perversa e crudele delizia
Fuggì dalle sue braccia, e tuttavia egli la seguì.

L’eternità rabbrividì quando videro
L’uomo produrre la sua somiglianza
Dalla sua propria immagine Divisa!

da Libri profetici, William Blake, Se Studio Editoriale, a cura di Roberto Sanesi