Tag Archives: 13 agosto 1991

far off-shore

Look, the raft, a signal flying,
Thin-a shread;
None upon the lashed spars lying,
Quick or dead.
Cries the sea-fowl, hovering over,
“Crew, the crew?”
And the billow, reckless, rover,
Sweeps anew!

Herman Melville

 

Lontano in alto mare

Guarda, la zattera, un segnale svolazzante,
esile, uno straccio.
Nessuno giace sulle tavole legate,
sveglio o morto.
Urla l’uccello marino planandoci sopra:
“E la ciurma, la ciurma?”
E le onde rabbiose e indifferenti
la spazzano di nuovo.

“Pezzi di mare. Poesie” di Herman Melville, Acquaviva, trad.di Giuseppe D’Ambrosio Angelillo

naviganti

Nella mia giovinezza ho navigato
lungo le coste dalmate. Isolotti
a fior d’onda emergevano, ove raro
un uccello sostava intento a prede,
coperti d’alghe, scivolosi, al sole
belli come smeraldi. Quando l’alta
marea e la notte li annullava, vele
sottovento sbandavano più al largo,
per fuggirne l’insidia. Oggi il mio regno
è quella terra di nessuno. Il porto
accende ad altri i suoi lumi; me al largo
sospinge ancora il non domato spirito,
e della vita il doloroso amore 
.

Umberto Saba

configurazione mergnanese

 

Ai disturbi della memoria, infatti, sono legate le intermittenze del cuore. è sicuramente l’esistenza del nostro corpo, simile per noi a un vaso in cui fosse racchiusa la nostra spiritualità, a farci supporre che tutti i nostri beni interiori, le nostre gioie passate, tutti i nostri dolori, siano perennemente in nostro possesso. Forse, è altrettanto inesatto credere che se ne vadano e ritornino. In ogni caso, se rimangono dentro di noi, rimangono per la maggior parte del tempo in una regione sconosciuta, dove non ci sono di alcun giovamento e dove anche i più usuali vengono ricacciati indietro da ricordi di diversa natura, che escludono ogni simultaneità con essi all’interno della coscienza. Ma non appena si ricostruisce la cornice di sensazioni in cui si sono conservati, essi acquistano a loro volta il medesimo potere d’espellere tutto quanto sia incompatibile con loro, installando in noi, solitario, l’io che li ha vissuti.

(…)

L’io che io ero allora, e che da tanto era scomparso, m’era di nuovo così vicino che mi sembrava ancora di sentire le parole pronunciate subito prima e che, tuttavia, non erano più che un sogno, così come un uomo non ancora ben desto crede di percepire proprio accanto a sé i rumori del suo sogno che svanisce.

da Sodoma e Gomorra- Le intermittenze del cuore, Marcel Proust, Mondadori, trad.di Giovanni Raboni

radicamento nella configurazione


la storia di una bicicletta, di Ribes Sappa

I miei ricordi non sbiadiscono. I ricordi del mio presunto passato sono chiari come gli istanti del presente. Rammento di essermi alzata dal lettino dopo un sonnellino quando avevo un anno e mezzo, con la stessa intensità con cui rammento l’essermi alzata stamattina. ma non si dice sempre che i ricordi diventano meno chiari con il passare del tempo? Tutti questi fatti mi rimangono in mente come eventi singoli; è raro che li pensi in relazione ad altri momenti che li hanno preceduti o seguiti. Mi sembra a volte che la mia memoria sia una roccia sedimentaria, come se tutti i momenti che la compongono si siano compattati, mentre gli elementi di collegamento-il tempo che pensavo li tenesse insieme-sono stati spazzati via dal vento. Sono pensieri che esistono simultaneamente, ma che mi si rivelano a uno a uno. Ho sempre avuto la sensazione che i momenti separati dallo spazio lo fossero più intensamente di quelli percepiti come separati nel tempo. Non mi è chiaro però cosa provochi questo senso di interconnessione: che tipo di relazione può esserci tra i vari istanti? Non una relazione lineare, certo, ma piuttosto una certa empatia tra di loro. In un certo senso,penso ci sia una consapevolezza inconscia del fatto che esistono altri momenti che avvengono simultaneamente, e che ci può essere un riconoscimento reciproco tra istanti in un contesto simile.

da una lettera di Gretchen Mills Kubasiak citata ne La fine del tempo. La rivoluzione fisica prossima ventura, di Julian Barbour, Einaudi

mi sono annegata

Mai avuto un solo pensiero che non fosse la paura, se mi rivolgevo all’estate in cui ‘mi sono annegata’. Dentro di me chiamavo ogni dolcezza struggente, ogni nostalgia con un mio ‘quando mi sono annegata’, ma non avrei saputo dire perché. Persa la emozione, restava un nome. Da grande, talvolta anche adesso, quando sempre più raramente incontro la magia di un amore, un richiamo più intenso o la voglia di fermarmi in un luogo, in un albero o in una confidenza, sento che è come ‘quando mi sono annegata’.

da L’ombra ripresa, Elia Malagò, Tre Lune Edizioni

 

La spiagia ad nòta

Andémmi da burdéll éulta la spiagia
e l’éra nòta e u s batévva e’ cor
ch’l’éra tott nir, tranne cagl’òndi biènchi.
La sabia la s faseva morbi i pii
e néun a caminémmi ad che rumòur
ch’l’éra una cantiléna
e che batévva lizìr
cumè una prumèssa ad sònn
o d’una morta dòulza.

da Antologia di poesie in dialetto romagnolo, Nino Pedretti, Pier Giorgio Pazzini Editore

La spiaggia di notte

Andavamo da bambini lungo la spiaggia
ed era notte e ci batteva il cuore,
che tutto era nero tranne quelle onde bianche.
La sabbia ci faceva morbidi i piedi
e noi camminavamo in quel rumore
che era una cantilena
e che batteva leggero
come una promessa di sonno
o d’una morte dolce.

la macchina del tempo

 

In rete uno sconosciuto carica una foto/un video di un momento non necessariamente importante della propria vita: immaginiamo che questo signore scelga la foto di gruppo che ritrae un divertente bagno di mezzanotte alla Secca di Moneglia, immortalato nei primi minuti del 13 agosto 1991 e immaginiamo
ora che, proprio e solo in questa foto, si veda sullo sfondo il terrazzino della camera numero 12 dell’Hotel Leopold e un signore che fuma una sigaretta (la sua ultima). Lo sconosciuto carica la foto/il video su facebook o su youtube indicizzando con la seguente dicitura “La Secca, Moneglia, 13 agosto 1991″.
Ora invece ecco un’altra persona che sceglie di caricare in rete la foto o il video di una serie di onde di una mareggiata a Moneglia avvenuta in un giorno di luglio alla fine degli anni ’70 e, per caso o per scelta, include nello sguardo dell’obiettivo l’ abbraccio salvifico di un bambino intorno al piccolo tronco di una bambina che arriverà ad essere un albero carico di frutti grati.

Questa è la mia macchina del tempo. Io non potrò viaggiare fino alla mia infanzia, ma grazie alla precisa
indicizzazione di ciascuna foto e di ciascun video, forse i miei figli potranno viaggiare nel proprio tempo (non quello scelto dall’occhio dei genitori), almeno virtualmente.

Le foto che si scattano in famiglia e tra amici non sono davvero quelle rappresentative degli istanti di “radicamento”. Le foto/i video scattate/ripresi da sconosciuti possono invece casualmente cristallizzare quei momenti. La foto della bambina che rotola sulla sabbia, immaginando di lottare con il lupo, non sarà memorabile per lei (che giocava alla lotta ma non è uscita mutata dal gioco): sarà solo una bella foto, ben scattata, forse poetica.

 

Ci si radica inconsapevolmente, non è possibile riconoscere un momento come importante (e quindi scegliere di fotografarlo) mentre lo si vive. Non si può essere testimoni della propria vita (artificio dell’autobiografia).

L’unica foto che mi sorprende in uno dei momenti di ‘radicamento’ è quella che chiamo “Una giornata perfetta”: mio padre la scattò in un giardino labirintico e a terrazze a Molinetti di Recco nel 1979 e lui fu uno sconosciuto inconsapevole  dell’importanza di quell’istante; altrimenti non avrebbe scattato la foto.

 

Se volete donare una macchina del tempo ai posteri, indicizzate esattamente le foto e i video oppure seguite l’articolo di Chiara Somajni nell’inserto Domenica del Sole 24 ore del 30 maggio 2010

http://www.librinecessari.it/macchina del tempo.jpg

per alan