Category Archives: racconti

Alla fine di una giornata di autocandidature come data entry

La lingua trasparente è una lingua meccanica, funzionale, priva di qualsiasi ambivalenza. Il diktat della trasparenza annulla ciò che è vago, opaco, complesso. Contare è più trasparente che raccontare, l’addizione è più trasparente della narrazione. Al contrario delle narrazioni, si sa, i numeri non sanno di niente. La trasparenza priva anche il tempo del suo profumo. Il tempo trasparente è inodore, è un tempo senza eventi, senza narrazione, senza scene. Se il tratto narrativo scompare dal tempo, quest’ultimo si riduce a mera sequenza di un presente episodico e atomizzato. Anche la memoria in questo senso non è trasparente a se stessa in quanto, al contrario di un archivio che opera in chiave unicamente additiva, presenta una struttura narrativa. Per via della loro storicità e narratività, le tracce di memoria sono sempre subordinate a un processo di rielaborazione e riordinamento, mentre i dati salvati restano uguali a se stessi.

p.148, Topologia della violenza, Byung-Chul Han, Nottetempo, trad.di Simone Buttazzi

– Ho tanta buona acqua ghiacciata, stamattina, – lei disse, ed era una bugia. Non sapeva perché gli mentiva sempre in quel modo. L’angoscia e l’indecisione le mettevano la menzogna in bocca come il prete le dava l’ostia alla domenica.

da Rumore di chiacchiere, in I figli sono tutto, James Purdy, Einaudi, trad. di Floriana Bossi

amore (quasi o breve) sineddochico

L’alba; subito fuori della Stazione Vittoria, un botteghino di tabacchi; ed a me, giusto, occorrevano fiammiferi. Ma il mio inglese era troppo barbaro e soprattutto timoroso, perché io potessi buttarmi; mi limitati dunque ad indicare i desiderati fiammiferi; e dallo sportellino uscì la prima mano londinese. Femminile, si capisce; la quale frugo’ nella mia protesa a coppa, colma di spiccioli, e, piacevolmente solleticandomi il palmo, ne trasse il dovuto. Piuttosto, che mano; bianca, affusolata, ben lisciata, mano di fanciulla londinese insomma:  la più bella e persuasiva conoscenza colla città.

da Una Londra personale, in Del meno, Tommaso Landolfi, Rizzli

 

Oblomov sa bene che basta intravedere un gomito attraverso una porta.

Tu che scaldi tutta la terra

Eh sì, tu che scaldi tutta la terra con le tue vampe, scotti personalmente di un fuoco nuovo; tu che devi vedere ogni cosa, non fai che contemplare Leucotoe e solo su quella vergine figgi lo sguardo a cui pure tutto il mondo ha diritto. Ora sorgevi più presto nel cielo ad oriente, ora calavi più tardi nel mare, e indugiando ad ammirarla rendevi più lunghe le sere; a volte venivi meno, e il male della mente si comunicava alla tua luce: ti oscuravi, e atterrivi il cuore dei mortali.

Ovidio, Metamorfosi, Einaudi, trad.di Piero Bernardini Marzolla

Apollo e Dafne

“Ninfa, ti prego, figlia di Peneo, fermati! Non t’inseguo per farti del male. Aspetta, ninfa!  Così l’agnella davanti al lupo, così la cerva davanti al leone, così le colombe con ali trepidanti fuggono davanti all’aquila: così ciascuna davanti al suo nemico. Ma io t’inseguo per amore! Povero me, ho paura che tu inciampi e cada, o che i rovi ti graffino le gambe che non lo meritano, e che tu ti faccia male per colpa mia. Sono impervi, i luoghi per i quali vai così di fretta. Corri più adagio, ti prego, e rallenta la fuga! Anch’io ti seguirò più adagio” (…)

da Metamorfosi, Ovidio, Einaudi, trad.di Piero Bernardini Marzolla

tirare innanzi

E’ però ugualmente vero che Argo è il solo che sappia veramente godere e ridere. Quando si esce col padrone, specialmente se in quell’istante mi tolsero la catena, il mio corpo diventa tutto gioia. So che il padrone quando vuol ridere chiude un poco gli occhi ed apre la bocca. Ma la gioia da me è altra cosa. Mi getta di qua, mi getta di là, e faccio senza sforzo dei balzi enormi. Talvolta neppure la nerbata più dolorosa basta ad arrestare la gioia della libertà in compagnia del mio padrone. Quando sono solo la gioia è uguale, ma balzo meno. I miei balzi sono fatti pel padrone acciocché ne gioisca con me e capisca che non bisogna rinchiudermi.

da Argo e il suo padrone, Italo Svevo

Odori tre = vita

Argo ha anche altri dolori che il resto del mondo non sa e non sente. Quando vede il padrone che carezza un altro cane, egli vuol bene al padrone più del solito, ma un bene fatto di dolore, perché accarezza altri? Non ha me? Forse lo fa perché Argo sia più buono ed infatti se in quell’istante volesse qualcosa da me, obbedirei più presto che di solito. Ma egli di me non vuole e accarezza l’altro. L’odio per quest’altro è fatto anch’esso di dolore. Non è permesso di sbranarlo perché c’è il padrone eppoi ho paura di fargli vedere la mia ira perché potrebbe gioirne. Io mi caccio fra quell’intruso e il mio padrone per dividerli perché se sono divisi non soffro più e vado fra loro come per caso. Il padrone mi scaccia ma io ostinatamente continuo ad invadere quel piccolo tratto di terreno e scodinzolo simulando una gioia che sono ben lontano dal sentire. Perché questo è il dolore: vorrei urlare per sollevare l’animo mio ma allora non ci sarebbe più la speranza di allontanare quella brutta bestia dal mio padrone. Bisogna celare il dolore e procurare di tornar gradito. Poi quando l’altro finalmente se n’è andato, io ritrovo intero il mio padrone e il suo odore. L’altro non ne portò via niente. Ed io mi dico: Dunque fu stupido soffrire! Ma alla prossima occasione avviene esattamente la stessa cosa perché Argo è fatto per soffrire.

da Argo e il suo padrone, Italo Svevo

Il bosco è proprio meraviglioso

Il bosco è proprio meraviglioso, pensò,  e appoggiandosi alla ringhiera, delicatamente lavorata, si piegò in avanti per avvicinarsi al suo profumo. “Come se ne sta là disteso il bosco, quasi già sonnecchiasse aspettando la notte. Di giorno, quando splende il sole, si entra in un bosco come in n mondo serale, dove i rumori sono più nitidi e più lievi e gli effluvi più umidi e sensibili, dove si può riposare e pregare. Nel bosco si prega senza volerlo, ed è anche l’unico posto al mondo dove Dio è vicino; Dio sembra aver creato i boschi affinché vi si preghi come in templi sacri; chi prega in un modo e chi in un altro, ma tutti pregano. Quando si è sdraiati sotto un abete e si legge un libro, allora si prega, se pregare è lo stesso che perdersi nei pensieri. Ovunque Dio possa mai essere, nel bosco lo si intuisce e gli si dona quel poco di fede con silenzioso trasporto. Dio non vuole che si creda troppo in lui, vuole che lo si dimentichi, è persino contento quando viene ingiuriato: perché è buono e grande più di quanto si possa concepire; Dio è quel che c’è di più arrendevole nell’universo. Egli non si ostina su nulla, non vuole nulla, non ha bisogno di nulla. Volere qualcosa, questo potrà avere un senso per noi uomini, ma per lui ciò è niente. Per lui è niente. E’ contento quando lo si adora. Oh, questo Dio è estasiato, non sta più in sé dalla beatitudine se io adesso vado a ringraziarlo solo un poco, anche del tutto superficialmente. Dio è così grato. Vorrei sapere chi è più grato di lui. Lui ci ha dato tutto, l’incauto, il benigno, e adesso si trova a dover essere contento se le sue creature si ricordano un poco di lui. Questa è la cosa unica del nostro Dio, che vuole essere Dio soltanto quando a noi piace innalzarlo a nostro Dio. Chi insegna la modestia più di Lui? Chi intuisce di più ed è più silenzioso? Forse pure Dio ha solo intuizioni su di noi, così come noi su di lui, e io per esempio esprimo qui soltanto le mie intuizioni su di lui. Intuisce pire che io ora sto seduta qui sul balcone e trovo il suo bosco meraviglioso? Se sapesse come è bello il suo bosco. Ma credo che Dio abbia dimenticato la sua creazione, non già per rancore, perché come potrebbe essere capace di rancore, no, ha semplicemente dimenticato, o almeno sembra che abbia dimenticato noi. Si può provare ogni sentimento riguardo a Dio: egli permette tutti i pensieri. Ma lo si perde facilmente se si riflette su di lui, è proprio per questo che lo si prega. (…)”

da I fratelli Tanner, Robert Walser, Adelphi, trad. di Vittoria Rovelli Ruberl