Category Archives: persuasione

Che bello che questo tempo

Che bello che questo tempo
è come tutti gli altri tempi,
che io scrivo poesie
come sempre sono state scritte,
che questa gatta davanti a me si sta lavando
e scorre il suo tempo,
nonostante sia sola, quasi sempre sola nella casa,
pure fa tutte le cose e non dimentica niente
– ora si è sdraiata ad esempio e si guarda intorno-
e scorre il suo tempo.
Che bello che questo tempo, come ogni tempo, finirà,
che bello che non siamo eterni,
che non siamo diversi
da nessun altro che è vissuto e che è morto,
che è entrato nella morte calmo
come su un sentiero che prima sembrava difficile, erto
e poi, invece, era piano.

da Poesie, Claudio Damiani, Fazi Editore

avanti!

Mi fermo, improvvisamente sono stanco, in avanti, a quanto pare, si scende a rotta di collo, tutt’intorno è l’abisso – non voglio guardarlo”.

Friedrich Nietzsche (Werke, Groß-und kleinoktavausgabe), XII, p.223 (Nietsche e l’eterno ritorno, Bari, 1982, citato da Walter Benjamin nei Passages J 77a, 2)

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So che voglio e non ho cosa io voglia. Un peso pende ad un gancio, e per pender soffre che non può scendere: non può uscire dal gancio, poiché quant’è peso pende e quanto pende dipende. Lo vogliamo soddisfare: lo liberiamo dalla sua dipendenza; lo lasciamo andare, che sazi la sua fame del più basso, e scenda indipendentemente fino a che sia contento di scendere. Ma in nessun punto raggiunto fermarsi lo contenta (…)

da La persuasione e la rettorica, Carlo Michelstaedter, Adelphi

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Quale morbosa e smodata smania di vivere, insomma,
ci fa così trepidare, quando corriamo un pericolo?
Incombe al certo una fine inevitabile agli uomini,
e non c’è dato schivare la morte sì da scamparla.
Siam chiusi dentro un cerchio e ci aggiriam sempre in esso,
né prolungando la vita s’inventerebbe alcun nuovo
bene: ché il meglio a noi sembra ciò che ci manca e si brama:
e quando questo è raggiunto, bramiam dell’altro e ci tiene
a bocca aperta la stessa sete del vivere, sempre.

dal De rerum natura, Libro III, vv.1075-1084, Lucrezio, Rizzoli, versione di Luca Canali

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Egli dice ancora: “Io penso e ciò non disturba nulla. Sono solo. Che comodità la solitudine! Non mi pesa nulla di dolce. La stessa fantasticheria qui come nella cabina del battello, la stessa al Caffè Lambert… Se le braccia di Berta assumono importanza, io sono derubato – come dal dolore.. Chi mi parla, se non mi prova qualcosa, è un nemico. Preferisco lo sfavillio del più piccolo fatto accaduto. Io sto esistendo e sto vedendomi, sto vedendomi vedere e così seguito…Pensiamo con precisione. Ci si addormenta su qualsiasi argomento… Il sonno continua qualsiasi idea…

da Monsieur Teste, Paul Valéry, SE Studio Editoriale, trad.di Libero Solaroli

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(…) un lusso che puoi permetterti mica riaprir quei dossier, eppure di continuo li apri, come avessi solchi obbligati tutt’intorno al cervello…rotaie! una volta spinto per la discesa il carrello non sceglie, ohp! ohp! che corre per le svolte della miniera, ohp gran toboga! ogni passaggio è coercizione al seguente, due passaggi e sei fritto (…)

da Rondini sul filo, Michele Mari, Mondadori

Pensa a tutto, vertiginoso lettore, somma le attese di tutti in ogni tempo e paese, e ti sfido a non immaginare il nostro pianeta come una palla proiettata nel nulla dalla smania di tutti e di tutto ad arrivare più in là, la smania di quella cosa lì, sì, quella che stai aspettando anche tu.

da Roderick Duddle, Michele Mari, Einaudi

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(…) suppongo sia possibile dire che il colono è il simbolo del cambiamento. Egli è, comunque, l’uomo laborioso che vive nelle illusioni e che, dopo che tutte le grandi illusioni l’hanno lasciato, continua ad avviticchiarsi ad una che lo trafigge.

dalla lettera a Hi Simons del 12 gennaio 1943, Wallace Stevens

 

Un destino figurato

rinuncio al suo corredo

Poco fa me ne stavo rannicchiata
dentro un mezzo sonno coscienzioso
quando mi è apparso il mio destino figurato,
non visibile al presente o nel futuro
ma sicura proprietà del mio passato.
Qualcosa che era lì con me al mio inizio
e che mi equipaggiava, come una maglia nuova,
bella compatta, che poi, non si sa quando,
s’è disfatta. Sì, avevo il mio destino
e si è sciupato. Ma a quale duro ferro
mi si è impigliato il filo? Ecco, lo vedo
che se lo tira via mentre io incosciente
senza girarmi mai per liberarlo
per distrazione mia continuo sempre
a muovermi in avanti, avanti non davvero
che ero in un cerchio dove però molto
mi muovevo con la mia maglia ormai
tutta un prodigio. O dio, o dio,
dunque è così, più avanzo e più mi spoglio!
Avrei dovuto far la balia al mio destino,
tenermelo vicino, buono, al caldo,
ma quel feroce gancio che mi ha strappato
il filo, cosa sarà quel gancio
scostumato per cui ora striscio nuda
dietro al tempo? Ah che stupida idea
questo destino! Rinuncio al suo corredo,
non lo voglio, sarò comunque nuda
quando verrà il momento. Ma come
mi presento, come faccio
con questo assurdo malloppetto sfatto!

da Datura, Patrizia Cavalli, Einaudi

Aria meditabonda

Boris Smelov

Il braccio teso ad appoggiarsi al muro
Le dita dilatate sull’intonaco
Ruvido con la mano sullo stomaco
Sinistra a smuovere l’interno oscuro

L’inanità di ciò che cerca il gesto
Di inane rendere (se fosse l’anima
Nobile il rantolo che si disamina
Sarebbe): al corpo vivo aereo resto

Ma se il problema è l’aria che circonda
Quel che siamo e lo penetra che vile
Spirito che bassa brezza che immonda

Colica è la vita! Finché gentile
Si disperde come meditabonda
Che siamo vento e non primaverile

commentario 2013 E.V.

da Rimato a morte, Giulio Braccini, Edizioni Braccine

appunti per Mi chiamo M.M. n.18

foto come un'acquatinta

Deve dare piacere – VIII

In cosa crederò? Se l’angelo dalla sua nube,
Mentre sereno fissa l’abisso violento, tocca
Le corde e gli strappa la gloria abissale,

Si slancia quaggiù tra le rivelazioni della sera,
E ad ali spiegate, solo lo spazio profondo gli manca,
Dimentico del centro d’oro, del destino dorato,

S’infiamma nel moto immoto del suo volo,
Sono io che immagino l’angelo insoddisfatto?
Sono sue le ali, l’aria di lapislazzulo?

E’ lui, o sono io che sento così?
Sono io che dico e ripeto che c’è un’ora
Di grazia indicibile, in cui di nulla ho bisogno,

Nessun desiderio, sono felice, e scordo la mano dorata
Del bisogno, soddisfatto senza maestà che consoli,
E se c’è un’ora così, ci sarà un giorno,

Ci sarà un mese, un anno, un tempo
Quando la maestà è uno specchio dell’io:
Io non ho, ma sono, e poiché sono, io sono.

Queste regioni esterne come le riempiremo,
Se non di riflessioni, evasioni della morte,
Cenerentola che s’appaga al riparo del tetto?

 

 

Caro Hammer,
…gli angeli hanno forme così varie, e differenti denominazioni…la più semplice raffigurazione dell’angelo della realtà potrebbe essere un uomo buono…
(Letters, 656)

Caro Hammer,
…come rappresentare l’angelo della realtà non è affatto una questione semplice.
(Letters, 661)

da Note verso la finzione suprema, Wallace Stevens, Arsenale Editrice, a cura di Nadia Fusini

ah, che cosa inutile

alfredo protti

“L’uomo è marcio dal principio” continuò Madame von Bartmann. “Marcio di virtù e di vizio. Strangolato da entrambi e ridotto a nulla; e Dio è la luce che l’insetto mortale ha acceso per volgersi ad essa e morirne (…)”.

dal racconto Aller et retour, nella raccolta La passione, Djuna Barnes, Bompiani, trad.di Lucia Drudi Demby

main de fer

J’ai pleuré en lisant Leopardi: La luna, Il primo amore, L’Ultimo canto di Saffo, La sera del dì di festa, Il sogno, La vita solitaria, Consalvo, – oh! il y a bien là de quoi pleurer! J’éprouve en lisant Leopardi une sensation qui m’était inconnue jusqu’ici. Je me sens serrer le cœur comme par una main de fer et m’ôter la respiration, en voyant una pareille douleur sans espérance dans l’avenir, sans la foi en Dieu!

Journal, 21 janvier 1851, Adelphi, a cura di Cesare Garboli

uno sta lavorando in biblioteca…

foto di Alan P. Müller

(Nella vita corrente non si sente la volontà di vivere ma questo e quel desiderio).
Sentir la volontà di vivere perché la necessità inerente alla propria illusione è accomplievoilà la joie de vivre, l’illusione della vita.
Sentir la volontà di vivere perché l’illusione è rotta (anche solo interrotta): ecco la tristezza (o malinconia). L’uomo vive felice finché crede d’aver volontà e d’essere qualcuno. Qualunque ragione lo porti fuori da questa fede ed egli diventa melanconico. Melanconia è una pioggia uguale lenta perché dice all’uomo l’infinita monotonia, l’immutabilità, la mancanza di scopo delle cose. – Melanconico è il riconoscimento dell’illusione altrui: uno sta lavorando in biblioteca a un lavoro storico che gli piace e gli si siede di fronte una  di quelle solite vecchie mummie che non mancano mai in nessuna biblioteca, che vi stanno in permanenza, copiando enciclopedie, o leggendo e spuntando tutti gli autori che hanno parlato anche per incidenza per esempio…dei gatti bianchi o che li hanno nominati soltanto; che ammassano incredibili masse di schedine in vista di una colossale pubblicazione…che non sarà mai pronta. Se quello che lavora con entusiasmo al suo lavoro storico comincia a osservare il suo vicino (e non potrà fare a meno, appunto perché gli dà noia) – io credo che un certo inconscio terrore di non essere essenzialmente dissimile da lui gli fa sbollir l’entusiasmo almeno per quel giorno.

da La Melanconia, in La melodia del giovane divino, Carlo Michelstaedter, Adelphi

ai disertori della vanga

A Franca Violani Cancogni, Roma

Torino, 25 agosto 1950

Cara signora,
che Einaudi non la paghi non è niente di nuovo. Si faccia pagare anticipato, la prossima volta, è l’unico modo.
Ho avuto il suo *, ma non so che farne. A me questa poesia mi disgusta profondamente, e imporrei una tassa di 100 000 lire per ogni verso, da pagarsi in lavori forzati.
Le rimando il manoscritto. Se crede, lo presenti a Muscetta (Via Uffici del Vicario) che dovrebbe dirigere una collana di poeti.

Cordialmente.

Senza la firma di Cesare Pavese

Dattiloscritto (copia) nell’Archivio Einaudi