ILVA (Taranto), luglio 2012
*
Condotto nella
landa
dell’inconfondibile traccia:
Erba, scritta disgiunta. Le pietre, bianche,
con l’ombra degli steli:
Non leggere più – guarda!
Non guardare più – va’!
Va’, la tua ora
non ha sorelle, sei –
sei a casa. Una ruota, pian piano,
gira da sé, i raggi
s’arrampicano,
s’arrampicano su un campo nerastro, la notte
non ha bisogno di stelle, in nessun luogo
si chiede di te.
*
In nessun luogo
si chiede di te –
il luogo dove giacquero, ha
un nome – non ne
sa. Non giacquero lì. Qualcosa
stava fra loro. Non
videro attraverso.
Non videro, no,
parlarono di
parole. Nessuna
si destò, il
sonno
scese su di loro.
*
Scese, scese. In nessun luogo
si chiede –
Io, sono io,
io stavo tra voi, io ero
aperto, ero
udibile, io ticchettavo a voi, il vostro respiro
obbediva, io
lo sono ancora, ma
voi dormite.
*
Lo sono ancora –
Anni.
Anni, mesi, un dito
tasta in su e in giù, tasta
intorno:
zone di sutura, tangibili, qui
si apre ampio uno squarcio, qui
si richiuse di nuovo, chi
lo coprì?
*
Lo coprì –
chi?
Scese, scese
scese una parola, scese,
scese attraverso la notte,
volle risplendere, volle risplendere.
Cenere.
Cenere, cenere.
Notte.
Notte – e- notte. – Dal-
l’occhio va’, dall’umido.
*
Dal-
l’occhio va’,
dall’umido –
Uragani.
Uragani, da sempre,
turbini di particelle, l’altro,
lo
sai già, lo
leggemmo nel libro, ero
opinione.
Era, era
opinione. Come
ci afferrammo
noi -noi, con
queste
mani?
Era anche scritto che.
Dove? Sten-
demmo sopra un silenzio,
allattato a veleno, grande,
un
verde
silenzio, un sepalo, vi
aderiva un’idea vegetale –
verde, sì
aderiva, sì
sotto un cielo
beffardo.
Di, sì,
vegetale-
Sì.
Uragani, tur-
bini di particelle, rimase
tempo, rimase,
di tentar dalla pietra -fu
ospitale, non troncò la parola. Come
si stava bene:
granulosa,
granulosa e fibrosa. Steluta,
fitta;
uvosa e radiosa; renimorfa
placosa e
grumosa; soffice, ra-
mificata -: lei
non troncò la parola,
parlò,
parlò volentieri a occhi asciutti, prima di chiuderli.
Parlò, parlò.
Fu, fu.
Noi
non mollammo, stemmo
nel mezzo, una
struttura di pori, e
venne.
Ci venne incontro, venne
attraversò, rappezzò
invisibilmente, rappezzò
l’ultima membrana,
e
il mondo, un miriocristallo,
concrezionò, concrezionò.
*
Concrezionò, concrezionò.
Poi –
Notti, disgregate. Cerchi,
verdi o blu, rossi
quadrati: il mondo rischia il proprio intimo
nel gioco con le nuove
ore. – Cerchi,
rossi o neri, chiari
quadrati, né
ombra di volo, né
tavola d’altare, né
anima in fumo si alza e partecipa al gioco.
*
Si alza e
partecipa al gioco –
Al levarsi delle civette, dalla
pietrificata lebbra,
dalle
nostre mani fuggite, nel
più recente ripudio,
al di sopra del
parapalle presso
il muro sepolto:
visibili, di
nuovo: i
solchi, i
cori, un tempo, i
salmi. O, o-
sanna.
Così
stanno ancora templi. Una
stella
ha forse ancora luce.
Niente,
niente è perduto.
O-
sanna.
Al levarsi delle civette, qui
i colloqui,grigiogiorno,
delle tracce d’acqua freatica.
*
( – – grigiogiorno,
delle
tracce d’acqua freatica –
Condotto
nella landa
dalla
inconfondibile
traccia:
erba.
Erba,
scritta disgiunta.)
da Poesie, Paul Celan, Mondadori, a cura di Moshe Kahn e Marcella Bagnasco
Post dedicato alla militanza di Federico Fantinel