Category Archives: la lettura

Questo faccio per ponere requie allo animo mio

Dice Salamone: “Non è cosa nova sotto lo sole, ché cosa che pare nova stata è”.
“Innello narrare le istorie de Romani como te impacci delli fatti de Alisantro?” Responne Tito Livio e dice: “Questo faccio per ponere requie allo animo mio”. Quasi dica: “Lo animo mio ène stimolato de scrivere questa materia. Voglione toccare. Puoi me se posa consolato lo mio animo”.
Come dico io: “L’animo mio stimolato non posa finente dio che io non aio messe in scritto queste belle cose e novitati le quale vedute aio in mea vita”.

(…)

Scrive Tito Livio nello proemio dello sio livro, nella prima decada. Dice: “Mentre che sto occupato a scrivere queste cose, so’ remoto e non veggo crudelitati le quale per tanti tiempi la nostra citate hao vedute”. Così dico io: “Mentre che prenno diletto in questa opera, sto remoto e non sento la guerra e li affanni li quali curro per lo paese, li quali per moita tribulazione siento tristi e miserabili non solamente chi li pate, ma chi li ascoita”.

Prologo e primo capitolo, dove se demostra la rascione per la quale questa opera fatta fu. Cronica. Vita di Cola di Rienzo, Anonimo Romano, Rizzoli, BUR, Introduzione e note di Ettore Mazzali

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Pastello

ma come può un coniglio
fare il prato più verde
una strada ferrata
una stazione di mattoni rossi
nascondersi fra colline di robinie
per farle più spinose e più robinie
soprattutto questo odore di foglie nuove
ma come può?
come è possibile
che tutto un mondo si colori di mattino
se vi tengo per mano

Luciano Erba da Perché non io, dieci poesie , in Almanacco dello Specchio n.5, 1978

E allora l’uomo, senza la pelle delle lettere, si sente un Neanderthal, pronto per il buco di Schnuren, la gattabuia. Quando per tanto tempo non ha letto niente – (…)- i buchi nel colino del suo spirito s’ingrandiscono e tutto ci passa attraverso, ed è come se tutto, tranne i residui più grossolani, sparisse. Sono le cose che legge a permettergli di catturare il vissuto, e senza letture è come se non vivesse.

da L’illettore. Una confessione, Hermann Burger, L’Orma Editore, trad. di Anna Ruchat

Book mob a Roma

Il 26 maggio 2016 a Roma a Piazza SS Apostoli, dalle 17 alle 21 vieni anche tu a sostenere le librerie dell’usato e del fuori catalogo

Perin del Vaga – Luca Cambiaso – scuola lombarda – Georges de la Tour

Cristo davanti a Caifa
Genova, Galleria di Palazzo Bianco (deposito dell’Accademia Ligustica)

“è stato ben a ragione definito il più grande notturno del ‘500 ed in verità le soluzioni luministiche attuate in questo dipinto ebbero larga eco specialmente nel secolo successivo. Particolare significato presentano le relazioni con l’opera del La Tour (Mostra didattica del 1951 a Palazzo Bianco”

da Luca Cambiaso e la sua fortuna, AA.VV. (Angelo Costa, Caterina Marcenaro, schede redatte da Giuliano Frabetti e Anna Maria Gabbrielli, allestimento della mostra curato dal pittore Eugenio Carmi), Ente Manifestazioni Genovesi, Palazzo dell’Accademia, Genova, Giugno-Ottobre 1956

Se fosse rimasta avrebbe dovuto per forza delinquere

Gli diceva
“Vieni qui, piccolino mio” – ma era grande, molto più grande di lei, in ogni senso-
e gli tirava indietro i capelli, così sudati dopo ogni declamazione, e lo chiamava Volodja e gli dava ragione in tutto.
Lo seguiva sui selciati dentati che lui vedeva e lei no, persa dietro la sua nuca – a Pietroburgo, di notte.

Era una vecchia pazza e si era innamorata di Majakovskij, ma lui era morto settant’anni prima.
UN po’ era anche un bene così non poteva vederla, coi cernecchi ritinti e gli occhi scerpellini. Una vera vecchia. Una rarità nel suo tempo, dove erano tutte ricucite e travestite da ragazze. Ma all’epoca di Majakovskij, una megera come tante.

Non la sopportava più nessuno.
Già prima poco. Ma adesso, il deserto.
E’ diventata noiosa e indigesta a tutti.
Parla sempre di lui, studia il russo, inveisce contro Lili Brik e quel finocchio del marito, si lascia andare a scene di gelosia.
Una matta da autobus – infrequentabile.
Crede di vivere a Pietroburgo nel 1909, a Mosca nel ’30-
fino al 14 aprile, quando lui si spara – e là si ferma tutto.
Aveva cambiato tempo e terra.
veniva anche comodo, in quel momento, tanto vergognoso per la nostra storia. Frattanto, era scoppiata la guerra*.

* Correva l’anno 1999, e si era convenuto di chiamare “guerra” la gratuita e vigliacchissima aggressione contro i Balcani da parte della Vecchia America e della Nuova Europa. Fu la prima guerra umanitaria, dove i paesi più ricchi si erano messi a bombardare quelli più poveri, per il loro bene. E poi se li guardavano in TV e ci facevano pure le gare della bontà, aggiungendo l’insulto della beneficenza – briciole! ma per bombardarli, migliaia di miliardi.
Fu una guerra agli ospedali, ai treni che trasportavano uomini e oche, ai ponti al Danubio, ai cani, morti nelle strade di Niš, ai vecchi nei loro giardinetti. La vecchia si vergognava. Prima aveva nome e cognome, rispondeva delle sue azioni. Ma ormai era “gli Italiani”, quelli che si erano uniti al massacro.

Ma lei, sorda. Lei era partita.

Se fosse rimasta avrebbe dovuto per forza delinquere, qualche gesto estremo –
capitare con la borsa della spesa piena di bombe nella sede del governo italiano, e fare saltare tutto.
Ma le dispiaceva per sé, nonostante la sua vita non valesse niente.
E non lo fece.
Si volse a Majakovskij
come le nobili mucche, movendo appena il muso.
Semplice come un muggito – Prostoe kak myčanie.

da Gelosa di Majakovskij, Barbara Alberti, Marsilio

sulla poesia

E’ a volte utile ricordarsi degli aspetti più semplici di ciò che viene normalmente considerato complicato. prendiamo, per esempio, lo scrivere una poesia. Esso consiste di tre stadi: il primo è quando uno viene talmente ossessionato da un concetto emotivo, che è costretto a farci qualcosa. Quello che fa è il secondo stadio, cioè costruire un congegno verbale che riproduca questo concetto emotivo in chiunque si prenda la briga di leggerlo in un qualsiasi luogo e in un qualsiasi tempo. Il terzo stadio è la situazione ricorrente di chi in diversi tempi e luoghi mette in moto il congegno e ricrea in se stesso ciò che il poeta sentiva quando l’ha scritto. Gli stadi sono interdipendenti e tutti necessari.

Philip Larkin in Il principio del piacere –  nel numero 3/4 della rivista Arsenale del Luglio-Dicembre 1985, Ed. Il Labirinto