Category Archives: il disegno

questi riferimenti, queste equivalenze, queste analogie…

marta a milano

Qualche lettore tenuto al guinzaglio dall’abitudine domanderà “Ma questo cosa c’entra?”. Il nostro procedimento letterario, antimichelangiolesco per eccellenza, cerca di circondare ogni oggetto dell’ambiente più ricco, più completo, più “inaspettato”. Si tratta, per mezzo di altre cose e di cose diverse, di far conoscere la cosa meglio che si può, di illuminarla con la luce più intensa, penetrarla più profondamente. Il passo letterario è per noi un camminare sulla corda. Questi riferimenti, queste equivalenze, queste analogie che noi poniamo ora a destra ora a sinistra della nostra via, hanno lo scopo di mantenerci in equilibrio: hanno la funzione per noi che il bilanciere o le braccia tese lateralmente hanno per l’equilibrista che cammina sulla corda.

dalla Nota n.49 in Maupassant e ” l’altro”, di Alberto Savinio, Il Saggiatore, Biblioteca delle Silerchie

tu che mi guardi, che mi parli

è come se ci fosse nell’attività del pittore un’urgenza che supera tutte le altre. Egli è là, forte o debole nella vita, ma sovrano incontestato nella sua ruminazione del mondo, senz’altra “tecnica” tranne quella che i suoi occhi e le sue mani conquistano a forza di vedere, a forza di dipingere, accanendosi a trarre da questo mondo, in cui risuonano gli scandali e le glorie della storia, delle tele, che aggiungeranno ben poco alle collere e alle speranze degli uomini, e nessuno trova niente da ridire.

(…)

Il mio movimento è il proseguimento naturale e la maturazione di una visione. Io dico che una cosa è mossa, ma il mio corpo si muove, il mio movimento si dispiega; non avviene nell’ignoranza di sé, non è cieco a se stesso, s’irradia da un sé…

(…)

Il pittore vive nella fascinazione. Le sue azioni più proprie – quei gesti, quei segni di cui egli solo è capace, e che saranno rivelazioni per gli altri, che non hanno le sue medesime mancanze – gli sembrano emanare dalle cose stesse, come il disegno delle costellazioni. Tra lui e il visibile, i ruoli inevitabilmente si invertono. Ecco perché tanti pittori hanno detto che le cose li guardavano, e André Marchant, dopo Klee: “Più volte, in una foresta, ho sentito che non ero io a guardare la foresta. Ho sentito, certi giorni, che erano gli alberi che mi guardavano, che mi parlavano… Io ero là, in ascolto… Credo che il pittore debba lasciarsi penetrare dall’universo, e non volerlo penetrare… Attendo di essere interiormente sommerso, sepolto. Forse dipingo per nascere.”

(…)

Essenza ed esistenza, immaginario e reale, visibile e invisibile: la pittura confonde tutte le nostre categorie, dispiegando il suo universo onirico di essenze carnali, di rassomiglianze efficaci, di significazioni mute.

da L’occhio e lo spirito, Maurice Merleau-Ponty, SE Studio Editoriale, trad.di Anna Sordini

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Luca Cambiaso

Grandi scrosci, sempre più fitti pullulano i fantasmi del mare,
il marinaio è corso su per la scala, state pronti, figlioli!
è corso su, si è steso, si è sospeso in una rete invisibile,
come un ragno che spia le scosse della tela.

Vento! – vento! La nave imbizzisce, e strappa le briglie,
cade sul fianco, affonda nella spumosa bufera,
s’impenna, ha calpestato le onde e prende di scorcio il cielo,
taglia di fronte le nuvole, acciuffa il vento sotto le vele.

E il mio animo l’albero innalza a volo in mezzo al vortice,
l’immaginazione si gonfia come la treccia di queste vele,
involontariamente un grido si unisce al coro festoso;

apro le braccia, cado sul petto della nave,
mi sembra di incalzare il suo slancio col mio petto:
mi sento leggero! forte! felice! so cosa sia essere un uccello.

da I sonetti di Crimea e altre poesie, Adam Mickiewicz, Adelphi, a cura di Elena Croce e Elisabetta Cywiak

appunti per Mi chiamo M.M. n.2

ab4bis

Ecco l’immagine che aspettavo, che tutti aspettavano, e senza la quale non ci sarebbe stato questo film serio su di un paese che si trasforma: l’opposizione del passato e dell’avvenire (…). Il vecchio e il nuovo, la tradizione e il progresso, il Tevere e l’Oronte, Filemone e Cloe, guardateli bene, non ve li mostrerò più.

Chris Marker, Commentaires, Editions du Seuil, 1961, p.55 Cit. nel saggio di Ivelise Perniola

la prodigiosa chimera è esistita

adolf wolfli campbell

Immaginiamo un uomo non americano che trentadue anni prima di Andy Warhol metta in un quadro l’immagine fedele di una lattina di zuppa Campbell’s: già lo sbalordimento ci pervade. Ma sbizzarriamoci: immaginiamo che questa lattina non sia un caso, ma rientri in una tecnica di contaminazione di ritagli pubblicitari e disegno che anticipa di decenni l’intero corpus della pop-art; immaginiamo che lo stesso uomo, senza essere stato mai in Francia e senza aver mai incontrato un dadaista né un surrealista, componga calligrammi serpentiformi alla Apollinaire e tratti artisticamente delle radiografie  come farà Man Ray con i suoi “Rayographs”. Spingiamoci oltre e immaginiamo che preceda Picasso nel recupero del primitivismo e disegni volti che sono simultaneamente di fronte e di profilo; immaginiamo che senza aver letto Borges quest’uomo chieda un numero spropositato di fogli di carta per realizzare una mappa di Berna in scala 1:1; immaginiamo che scriva poesie fondate su associazioni foniche e giochi di parole degni delle filastrocche di Lewis Carroll o dei limericks di Edward Lear, e che costelli la sua prosa di parole inventate o deformate ricorrendo a morfemi ebraici, latini e dialettali come aveva fatto Rabelais, come faceva Joyce e come avrebbero fatto Céline e Gadda; immaginiamo che quest’uomo (che a questo punto, è chiaro, non può essere esistito) abbia tanto spirito da associare in un quadro una figura a un’altra solo perché i loro nomi rimano fra loro; e abbia inoltre un così forte senso del ritmo da organizzare i suoi disegni secondo leggi metriche (“Che peccato che non ci siano due stelle in più”, disse una volta lamentando la mancanza di spazio, “perché allora sarebbe stata proprio una bella marcia”); e che senza aver mai studiato musica inventi un personale sistema di notazione musicale prendendosi il lusso di utilizzare il pentagramma e le note tradizionali solo a fini decorativi;

adolf wolfli note

e che nelle sue composizioni associ alle bestie feroci di un Rousseau o di un Ligabue gran quantità di animali fantastici e di animali stilizzati fino a essere simboli di animali: e che senza aver mai visto una mostra o il salone decorato di un albergo, un ristorante o una stazione, abbia un linguaggio figurativo che sembra fortemente influenzato dall’art déco.
Per poter aspirare all’esistenza una simile chimera avrebbe avuto bisogno di una vasta e profonda cultura, di viaggiare molto e conoscere diverse lingue, di incrociare i percorsi dei maggiori artisti e pensatori del proprio tempo, di frequentare i caddè o i campus dove certe svolte decisive sono state sognate per la prima volta… E invece la prodigiosa chimera non solo è esistita, ma era del tutto illetterata (non sappiamo quanto tempo abbia frequentato le scuole elementari, probabilmente solo il tempo di imparare a leggere e scrivere), non si mosse mai dal circondario di Berna, non frequentò altri che contadini e manovali, non ebbe maestri di musica o di disegno.

(continua per altre imperdibili 17 pagine!!!)

Adolf Wölfli in I demoni e la pasta sfoglia, Michele Mari, Cavallo di Ferro

adolf wolfli volti paesaggi

angelus novus di Elio

l'angelo di elioHa sei braccia e sei mani, cinque gambe con cinque piedi, ha undici ali intorno alla testa che ha tre occhi, ha una bocca con quattro nasi sotto (perché loro possono).
Un’amaca gialla attaccata all’albero lo aiuta insieme alle ali a tenerlo sospeso sopra il prato che sembra (ma non è) mosso dal vento.
Il cielo sembra un’onda ma non lo è, perché è il cielo.

Elio, 5 anni