
Georges Perec: “Quest’autobiografia dell’infanzia si è fatta partendo da descrizioni di foto, da fotografie che servivano da intermediari, da strumenti di avvicinamento a una realtà di cui sostenevo di non possedere il ricordo. In realtà si è fatta attraverso un’esplorazione minuziosa, quasi ossessiva a forza di precisazioni, di dettagli. Attraverso questa minuziosità nella scomposizione, qualcosa viene rivelato. Je me souviens si colloca in una specie di via di mezzo e potrebbe continuamente precipitare nella relazione che ho con questo ricordo. Quando scrivo “Mi ricordo che la mia prima bicicletta aveva le gomme piene”, non è un’innocente banalità! Ne ho ancora la sensazione fisica eppure, apparentemente, è una cosa neutra.”
Frank Venaille: “Sì, è per quanto riguarda questa pseudoinnocenza, questa falsa apparenza della neutralità, non pensi che avresti benissimo potuto lavorare con una scatola di fotografie portateti da qualcuno e appartenenti a una famiglia a te sconosciuta, che ti avrebbe così fornito gli elementi di una finzione?”
Georges Perec: “L’ho fatto! Ho partecipato a una trasmissione televisiva intitolata La vita filmata dei francesi, che era un montaggio di film di dilettanti degli anni ’30-’36, per il quale ho scritto il commento. Ho quindi lavorato su documenti nei quali ho ritrovato quasi la mia propria storia.”
da Sono nato – Il lavoro della memoria(intervista di Frank Venaille), Georges Perec, Bollati Boringhieri, trad.di Roberta Delbono