Noi

State a sentire. Gli ospedali pubblici delle grandi città dispongono di spazi in cui si rimane parcheggiati su sedie a rotelle o lettighe: sono lì per le urgenze; prima e dopo la risonanza magnetica o un’altra analisi; prima di essere operati, per l’anestesia, o dopo, per il risveglio… Si può aspettare lì da una a dieci ore. Scienziati, ricchi e potenti del mondo, non evitate questi luoghi in cui si viene a contatto con sofferenza, pietà, collera, angoscia, grida e lacrime, talvolta preghiere, esasperazione, suppliche di chi chiama invano o maledice chi non risponde, silenzio teso degli uni, sgomento degli altri, rassegnazione dei più, anche riconoscenza… Colui al quale non è mai capitato di mescolare la sua voce a questo concerto dissonante senza dubbio conosce la propria sofferenza, ma ignorerà sempre che cosa significa “noi soffriamo”, la comune lallazione emanata dall’anticamera della morte e delle cure, purgatorio intermedio in cui ciascuno teme e si augura una decisione del destino. Se vi ponete la domanda: che cos’è l’uomo?, attraverso questo vocio date, sentite, capite la risposta. Prima di averlo ascoltato, anche un filosofo non è che uno sciocco.
Ecco il rumore di fondo e la voce umana che sovrastano i nostri discorsi e parlottii.

da Elogio degli ospedali in Non è un mondo per vecchi. Perché i ragazzi rivoluzionano il sapere, Michel Serres, Bollati Boringhieri, trad. di Gaspare Polizzi

Foto di Renato Ferrantini

 

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