Lo staffiere in realtà, forse perché la consuetudine di quei luoghi ormai glielo impediva, o forse anche per il suo stesso carattere, non si accorgeva infatti che la sera veniva a dare a tutta la pianura e i colli attorno una dolcezza, una soavità quasi di mare, con qualche cosa però di un poco amaro difficilmente in un mare rinvenibile.

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Ma la Marchesa non gli fece nulla, e neanche accennò, come invece era solita fare le altre volte, a quella sua diciamo distrazione, a quel suo sprofondarsi del tutto nel sogno o nel ricordo di una cosa, che il Marchese soleva chiamare scherzosamente “la poesia”, lo prendeva subito un sentimento di cupa ostilità, un bisogno, ecco di mutismo superiore alle cose ed agli uomini, come capita qualche volta ai bambini richiesti se hanno già l’innamorata.

Da All’Insegna del Buon Corsiero in Nostro lunedì. Racconti – Poesie – Saggi, Silvio D’Arzo, Vallecchi

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