da p. 99 di Cieli in cornice, Victor I. Stoichita, Meltemi
In questo brano possiamo ritrovare gli elementi di una poetica della rappresentazione della visione incentrata sull’alterità dell’invisibile visualizzato:
E stimo io che non avrebbe usati colori fissi e di corpo, ma dolci e soavi, atti a dimostrare una sopraumana sostanza et una pura e semplice divinità (...). Inoltre è da sapere che le cose divine, che alcuna volta appaiono, sono sempre accompagnate da un graziosissimo splendore et adombrate da una luce dolcissima (ed implicano) una prospettiva della distanzia (che) a molti pittori è incognita (...), essendo necessarii diversi piani e diverse distanze.
Crisoforo Sorte, 1580, Osservazioni sulla pittura, vol.I, pp. 293-296