sino a tal punto essa cerca un che di proprio e noto

Davanti ai templi magnifici dei numi, presso gli altari
brucianti incenso, sgozzato cade talora il vitello
versando fuori dal petto un caldo fiotto di sangue:
ma per i pascoli verdi, priva di lui, vagolando
ravvisa in terra la madre l’orme stampate dal piede
bifido, mentre all’intorno scruta con gli occhi ogni luogo,
se possa scorgervi il figlio perduto, ed empie, fermandosi,
de’suoi lamenti la selva frondosa, e spesso ritorna,
trafitta da nostalgia del suo giovenco, alla stalla:
né i salci teneri e l’erbe che la rugiada ravviva,
e i noti fiumi che cadono dall’alte rive le possono
ricrear l’animo e togliere la subitanea ambascia:
e non la vista nei lieti pascoli d’altri vitelli
la può rivolgere ad altro e sollevar dall’ambascia:
sino a tal punto essa cerca un che di proprio e di noto.

da De rerum natura, Libro II, vv. “354-368, Lucrezio, Rizzoli, traduzione di Luca Canali

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