Da bambino, le foto di persone scomparse che trovava negli album di famiglia gli suscitavano un’impressione fantasmatica, suggerendogli un’esistenza magica. Quella stessa impressione accompagna, sottoforma di una luce appena attenuata dalla nebbia, il mio ricordo delle immagini in bianco e nero – quasi da camice, macchina su cavalletto e drappo nero – dell’avventura del giovane Nicolas Almanza a La Plata. Quell’impressione fantasmatica mi accompagna dappertutto, sia che io lavori sia che io dorma o viaggi. Mi basta alzare lo sguardo, ed ecco che lì – come il televisore sempre acceso e con l’audio azzerato che tiene compagnia tutto il giorno a Daniele Del Giudice – c’è una banda visiva continua, tutte le immagini del cinema muto e l’atmosfera degli anni Venti. Mi basta alzare lo sguardo per cogliere all’istante le immagini dell’avventura dell’ingenuo Nicolasito a La Plata, immagini che trattengo appena, in una specie di banda visiva continua, di fondo, come un tempo faceva da sottofondo sonoro la musica. L’avventura del giovane Nicolas Almanza a La Plata è, per me, il rumore letterario per eccellenza. La letteratura sarà rumore di sottofondo, o non sarà.
da Bioynventario in Il viaggiatore più lento, Enrique Vila-Matas, Alet
nota: Nicolas Almanza da Las adventuras de un fotografo en la plata di Adolfo Bioy Casares