Nel post “Del perché ci si deve sedere sul bordo del letto” Leo Ferrè così racconta:
“Sotto la mano di quel cercatore ero in vacazione semi-cosciente. Facevo come se non dormivo ma giacevo inerte, più di un morto, e così lui credeva di toccare una pelle senza vita, molle, ed ero salvo-a parte quel contatto, beninteso.”
E il bambino Leo in collegio tra le mani del prete, mi ricorda il Nathanael hoffmanianno tra quelle di Coppelius.
Coppelius mi afferrò subito: “Bestiolina! Bestiolina!” belò digrignando i denti. Mi tirò su a forza e mi gettò sul fornello, tanto che le fiamme già cominciavano a strinarmi i capelli: “Ora sì che li abbiamo gli occhi – occhi- un bel paio di occhi di bambino”. Così bisbigliava Coppelius e dalle fiamme afferrò dei grani di bragia che avrebbe voluto gettarmi nelle pupille. Il babbo allora levò implorante le braccia e gridò:”Maestro! Maestro! Lascia gli occhi a Nathanael, lasciaglieli!”. Coppelius scoppiò in una sonora risata ed esclamò: “E se li tenga i suoi occhi il giovanotto e se le pianga tutte le sue belle lacrime, ma osserviamo ben bene il meccanismo delle mani e dei piedi”. E così dicendo mi afferrò con tale violenza che tutte le giunture presero a scricchiolarmi e mi svitò le mani e i piedi, rimettendomeli ora in un modo ora nell’altro (…).
Nathanael subisce violenza da Coppelius e la fidanzata Clara è l’occasione di recupero della vita, di superamento del trauma. Ma come una puntina del giradischi nel solco del disco, Nathanael ritrova Coppelius in Coppola e si allontana dalla sanità di Clara, rendendo Olimpia (bambola meccanica e “mera percezione della propria affezione narcisistica” (Matteo Galli), tramite la vivificazione dello sguardo-della mano-della bocca, abbagliante e irresistibile oggetto del desiderio (inarginabile desiderio di reiterare l’esperienza del trauma).
In una nota, Matteo Galli osserva: “viene qui descritto uno dei traumi primari di Nathanael smontato e rimontato come una bambola meccanica. Ciò conferisce al futuro amore per Olimpia un ulteriore tratto narcisistico poiché il protagonista nella bambola meccanica rivede/rivive se stesso.
Il trauma si ripete infatti quando è spettatore della lotta tra Coppola (che nel racconto lui VEDE come Coppelius) VS Spalanzani e scopre che COSA è veramente Olimpia (è costretto a vedere gli occhi di Olimpia).
Come dopo il primo trauma, Nathanael si riprende (torna in sé) grazie a (trovando dinanzi a sé) la propria madre
(Un lieve alito caldo mi sfiorò il viso, mi destai come da un sonno di morte, c’era la mamma china su di me),
così, in seguito al secondo trauma, ha la materna Clara (e come fa notare Galli, questo quadro suggerisce l’illusorietà della pace).
Costretto alla pace dalla vita con Clara, Nathanael si trova inconsapevolmente ad assumere il ruolo aggressivo di Coppelius/Coppola, quando prova a uccidere la donna sulla torre del campanile.
Non essendo riuscito nell’intento aggressivo (e forse, in un certo senso, liberatorio poiché sarebbe una rottura con la configurazione di vittima), grazie al tempestivo intervento del fratello di Clara, Nathanael si getta dalla torre, così consumandosi la violenza iniziata da Coppelius tanti anni prima, che l’ha abitato durante tutta la vita e infine agito.
Nathanael insomma diventa automa dal momento in cui subisce violenza, si riconosce tale specchiandosi nella bambola meccanica e aderisce al suo destino fino alla morte.
La violenza rende automi, per questa ragione è necessario mettersi a sedere sul bordo del letto.
le citazioni di E.T.A. Hoffmann e di Matteo Galli dai Notturni, L’Orma Editore, a cura di Matteo Galli