appunti per Mi chiamo M.M. n.14

Ma sedendo e mirando… L’esclusione dello sguardo dall’indefinito orizzonte istituisce il viaggio verso il luogo del desiderio; ma rovescia il limite nella possibilità d’un altro sguardo, dischiude il campo dell’immaginazione, ch’è il solo nel quale il desiderio dell’infinito può prendere figura, e quasi movimento di immagini, diventare teatro di conflitti, identificarsi col desiderio del piacere, e dunque sperimentare lo scarto tra desiderio e piacere. In questa apertura l’ultimo orizzonte non è più l’al di là fisico della siepe, ma è la scena sulla quale il desiderio d’infinito cerca una risposta nell’esperienza simbolica dell’infinito, cioè nella liberazione della “forza immaginativa”. Il piacere dell’immaginazione appare come uno dei “piaceri possibili!

(…)

Un’esegesi dell’Infinito leopardiano può ritrovare, nella finale metafora del mare, il dantesco e medievale “mar de l’essere”, approdo di ogni itinerario della mente.
E il naufragar m’è dolce in questo mare. Il naufragio leopardiano, “riposo dal desiderio”, restituisce, sull’affondare del pensiero, l’io dell’ordine simbolico contro l’io dell’ordine immaginario. Questo sguardo dell’altro, questo desiderio dell’altro, si adempie, ma come contemplazione del nulla. Il nichilismo è l’orizzonte che può essere guardato dal punto di vista d’un io creativo, dell’io della poesia. Per questo “I poeti nel tempo della povertà”. Il desiderio d’infinito si rivela come desiderio del nulla, e in questa rivelazione espone il massimo di legame con la vita. Con la vita di cui la metafora del mare è portatrice. Il solo infinito è il nulla, e questo è infinito del liguaggio.

da Il pensiero poetante. Saggio su Leopardi, Antonio Prete, Feltrinelli

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