la retorica

La retorica è senza dubbio antica quanto la filosofia; si dice che Empedocle l’abbia “inventata”. In tal senso ne è la nemica e l’alleata più vecchia: è sempre possibile che l’arte di “ben dire” si emancipi dalla preoccupazione di “dir vero”; la tecnica fondata sulla conoscenza delle cause che generano gli effetti della persuasione conferisce un potere formidabile a colui che la possiede perfettamente: il potere di disporre delle parole senza le cose; e di disporre degli uomini perché si dispone delle parole. Forse dovremo cercar di capire che la possibilità di questa scissione accompagna tutta la storia del discorso umano. Prima ancora di diventare futile, la retorica è stata pericolosa. Per questo Platone la condannava: ritiene infatti che la retorica è nei confronti della giustizia – virtù politica per eccellenza- quel che la sofistica è per la legislazione; e che ambedue sono per l’anima quello che rispetto al corpo, sono la cucina rispetto alla medicina e la cosmesi rispetto alla ginnastica -vale a dire arti dell’illusione e dell’inganno. Tale condanna della retorica, in quanto appartenente al mondo della menzogna, dello pseudo, non dovrà esser persa di vista.

(…)

Che cosa vuol dire persuadere? In che cosa la persuasione si distingue  dalla adulazione, dalla seduzione, dalla minaccia, cioè dalle forme più sottili della violenza? Che significa influire mediante il discorso? Porre questi interrogativi, vuol dire decidere che non è possibile tecnicizzare le arti del discorso senza sottoporle a una riflessione filosofica radicale la quale delimiti il concetto di “ciò che è persuasivo”.

da La metafora viva. Dalla retorica alla poetica: per un linguaggio di rivelazione, Paul Ricoeur, Jaca Book, trad.di Giuseppe Grampa

Definiamo dunque la retorica come la facoltà di scoprire in ogni argomento ciò che è in grado di persuadere.

da Opere – Retorica, I, 1355b 25), Aristotele, Laterza, Bari, 1973

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