una capanna nella radura

Nebbia: Non credo che gli uomini addormentati in questa casa sappiano dove sono.

Fumo: Sono stati qua abbastanza da respingere il bosco che circondava la casa e dividerlo nel mezzo con un sentiero.

Nebbia:  Eppure dubito che sappiano dove sono. E comincio a temere che non lo sapranno mai. Se conservano il sentiero, è solo per il conforto di scambiar visite con gli altri sperduti come loro. Più che nello spazio i loro compagni sono vicini a loro nella difficoltà della situazione.

Fumo: Io sono vigile spettro del fumo, illuminato dalle stelle, che si piega in una direzione o nell’altra uscendo dal loro camino. Non voglio che si disperi della loro felicità.

Nebbia: Nessuno – non io certamente- li riterrebbe perduti solo per il fatto che non sanno dove sono. Io sono la copia più umida del fumo, che esala dal terreno di un giardino, la notte, ma non si alza al di sopra delle piante del giardino. Ovatto il loro passaggio. Ecco chi sono. Non sono più lontana di te dal loro destino.

Fumo: Ormai devono avere imparato la lingua del luogo. Perché non chiedono ai Pellirossa dove sono?

Nebbia: Lo chiedono spesso, ma nessuno ne sa di più. Lo chiedono anche ai filosofi che vengono a guardarli dall’alto di un pulpito. Lo chiedono a chiunque possano chiederlo nella fede appassionata che l’esperienza acquisita s’infiammerà da sola e illuminerà il mondo. L’apprendere ha fatto parte della loro religione.

Fumo: Se mai verrà il giorno in cui sapranno chi sono, potranno capir meglio dove sono. Ma la loro essenza è troppo ardua a credersi, tanto per loro che per il mondo che li osserva. Sono troppo improvvisi per essere credibili.

Nebbia: Ascolta, ora nel buio bisbigliano di quello che dovrebbe essere il loro tema di tutto il giorno. Spegnendo la luce non hanno spento i pensieri. Fingiamo che quelle gocce di rugiada che cadono dalla grondaia siamo tu ed io intenti a spiare la loro insonnia – nebbia e fumo che spiano una bruma – e vediamo se riusciamo a distinguere il basso dal soprano.

Chi meglio del fumo e della nebbia potrebbe apprezzare lo spirito affine della bruma dell’anima?

da Prospetti. Rivista trimestrale di cultura n.4, AA.VV., Robert Frost tradotto da Margherita Guidacci, Sansoni Editore, 1953

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