attenzione e poesia

Jan Saudek

Poesia è anch’essa attenzione, cioè lettura su molteplici piani della realtà intorno a noi, che è in verità in figure. E il poeta, che scioglie e ricompone quelle figure, è anch’egli un mediatore: tra l’uomo e il dio, tra l’uomo e l’altro uomo, tra l’uomo e le regole segrete della natura. I Greci furono esseri sdegnosi di immaginazione: la fantasticheria non trovò posto nel loro spirito. La loro attenzione eroica, irremovibile (di cui l’esempio estremo è forse Sofocle) di continuo stabiliva rapporti, di continuo separava ed univa, in uno sforzo incessante di decifrazione così della realtà come del mistero. I Cinesi meditarono per millenni allo stesso modo, intorno al meraviglioso Libro delle Mutazioni. Dante non è, per quanto scandaloso possa suonare, un poeta dell’immaginazione, ma dell’attenzione: vedere le anime torcersi nel fuoco e nell’olivo, ravvisare nell’orgoglio un manto di piombo, è una suprema forza di attenzione, che lascia puri e incontaminati gli elementi dell’idea. L’arte di oggi è in grandissima parte immaginazione, cioè contaminazione caotica di elementi e di piani. Tutto questo, naturalmente, si oppone alla giustizia (che infatti non interessa all’arte di oggi). Se dunque l’attenzione è attesa, accettazione fervente, impavida del reale, l’immaginazione è impazienza, fuga nell’arbitrario: eterno labirinto senza filo di Arianna. Per questo l’arte antica è sintetica, l’arte moderna analitica; un’arte in gran parte di pura scomposizione, come si conviene ad un tempo nutrito di terrore. Poiché la vera attenzione non conduce, come potrebbe sembrare, all’analisi, ma alla sintesi che la risolve, al simbolo e alla figura – in una parola, al destino. L’analisi può diventare destino quando l’attenzione, riuscendo a compiere una sovrapposizione perfetta di tempi e di spazi, li sappia ricomporre, volta per volta, nella pura bellezza della figura. È l’attenzione di Marcel Proust.

da Gli imperdonabili – Attenzione e poesia, Cristina Campo, Adelphi

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