foto di Luca Donnini
Una domenica di quell’inverno si trasformava del 1944, uno dei più freddi, sotto la tempesta di neve, ritrovai di nuovo il mio giovane ‘musulmano’. Seduto al suo fianco, mi scaldai prima di intraprendere l’ultima parte del percorso. Stavamo entrambi in silenzio.
Davanti a noi, davanti al nostro sguardo che era diventato indifferente, si allineava la lunga fila dei deportati, accovacciati, a defecare. Assorti nel dolore lacerante della defecazione. Poco lontano, alla nostra sinistra, un gruppo di vecchi litigava per un mozzicone che di sicuro non circolava equamente. Alcuni dovevano considerarsi in credito, e protestavano. Ma il loro scarso vigore, la loro vitalità quasi svuotata, facevano di questa protesta,che probabilmente avevano insistito per fare, un simulacro di gesti e di mormorii irrisoriamente lamentevoli.
Non potei fare altro che recitare a voce alta il poema in prosa di Rimbaud a cui avevo già pensato altre volte, da quando conoscevo le latrine del Campo Piccolo.
“Betsaida, la piscina dei cinque portici, era un ritrovo di noia. sembrava un lavatoio sinistro, sempre oppresso dalla pioggia e ammuffito…”
Lanciò una specie di grido rauco, come se d’un tratto si risvegliasse dal suo letargo cachettico.
Io continuai a recitare:
“e, sui gradini interni illividiti da bagliori di tempesta forieri dei lampi dell’inferno, i mendicanti s’agitavano…”
Poi, una lacuna nella memoria: il resto del poema era svanito.
Fu lui che continuò a recitare. La sua voce non aveva più quella specie di gracchio metallico, la risonanza ventriloqua del primo giorno in cui gli sentii pronunciare due parole.
Senza interruzione, tutto d’un fiato, come se recuperasse a un tempo la voce e la memoria – il suo stesso essere – recitò la continuazione.
“…scherzando sui loro ciechi occhi blu, e sulle fasce bianche o azzurre dei loro moncherini. O lavanderia militare, o bagno popolare…”
Piangeva a forza di ridere, la conversazione stava diventando possibile.
da Vivrò col suo nome, morirà con il mio. Buchenwald 1944, Jorge Semprun, Einaudi, trad.di Paolo Collo e Paola Tomasinelli