casa-vascello di Luca Donnini
Quando si erge nei suoi assalti e precisamente nella calma, l’io si fa sentire come un punto oscuro. E la calma si va mutando in semplice immobilità e il tempo si condensa, opprime il cuore. Tra il pensare e il sentire non si stabilisce alcuna comunicazione e i sensi – infallibili indicatori- si ritraggono. La percezione nitida nulla apporta, nulla rivela. Ma poi, in un attimo, il punto oscuro dell’io si viene a trovare come centro di una croce; allora, senza il minimo sussulto, il cuore occupa il suo posto, si fa centro.
E l’essere si sente steso su una croce formata dal tempo e dall’eternità. E questo che si incrocia con l’eternità non è un semplice tempo successivo; si apre o è in procinto di aprirsi in molteplici dimensioni. Il cuore del tempo raccoglie il palpitare dell’eternità, l’aprirsi dell’eternità. E il tempo fluisce come fiume dell’eternità.
E se fosse sempre così, se l’essere umano si mantenesse sempre teso su questa croce, la sua sarebbe vera vita. Ma non può accadere così da sé. O meglio, al contrario, solo da sé potrebbe essere così sempre. Ma intanto, il cuore ancora oscuro, con la sua passività, un vasto col suo vuoto e nient’altro, dovrebbe essere il centro, senza sottomettersi all’io che lo soppianta.
da Chiari del bosco, Maria Zambrano, Mondadori, trad.di Carlo Ferrucci