Coro, Francesco Balsamo
Ma basta che un rumore, un odore, già sentito o respirato un’altra volta, lo siano di nuovo, a un tempo nel presente e nel passato, reali senza essere attuali, ideali senza essere astratti, ed ecco che l’essenza permanente e abitualmente nascosta delle cose è liberata, e il nostro vero io che (da molto tempo, a volte) sembrava morto, ma non lo era del tutto, si sveglia, si anima ricevendo il nutrimento celeste che gli viene offerto. Un istante affrancato dall’ordine del tempo ha ricreato in noi, per sentirlo, l’uomo affrancato dall’ordine del tempo.
(…)
La minima parola da noi detta in un periodo della nostra vita, il gesto più insignificante da noi compiuto erano circondati, portavano su di sé il riflesso di cose che dal punto di vista logico non avevano con essi alcun rapporto, che ne sono state separate dall’intelligenza, che non sapeva che farsene di loro per le necessità del ragionamento, ma in mezzo alle quali – qui riflesso rosato della sera sul muro fiorito d’un ristorante di campagna, sensazione di fame, desiderio di donne, piacere del lusso – là volute azzurre del mare mattutino avvolgere frasi musicali che ne emergono parzialmente come le spalle delle ondine – il più semplice dei gesti, degli atti rimane racchiuso come in mille vasi riempiti ciascuno di cose d’un colore, d’un odore, d’una temperatura assolutamente diversi; senza contare che questi vasi, disposti lungo tutta l’altezza dei nostri anni (anni durante i quali non abbiamo mai smesso di cambiare, fosse solo nel sogno e nel pensiero), sono situati a quote molto diverse, e ci danno la sensazione di atmosfere singolarmente visitate. è vero che li abbiamo fatti, questi cambiamenti, in modo insensibile; ma fra il ricordo che ci torna repentinamente e il nostro stato attuale, così come fra due ricordi di anni, di luoghi, di ore differenti, c’è una tale distanza che basterebbe, anche in assenza d’un’originalità specifica, a renderli incomparabili fra loro. Sì, se il ricordo, grazie all’oblio, non a potuto contrarre nessun legame, gettare nessuna catena fra sé e l’istante presente, se è rimasto al suo posto, alla sua data, se ha mantenuto le sue distanze, il suo isolamento nella profondità d’una valle o in cima a una vetta, ci fa respirare di colpo un’aria nuova per la precisa ragione che è un’aria respirata in altri tempi, quell’aria più pura che i poeti hanno cercato invano di far regnare nel paradiso e che non potrebbe dare la sensazione profonda di rinnovamento che ci dà se non fosse già stata respirata, giacché i veri paradisi sono i paradisi che abbiamo perduti.
da Alla ricerca del tempo perduto. Il tempo ritrovato, Marcel Proust, Mondadori, trad.Giovanni Raboni