a eloisa

foto di Ilaria Bartocci

Gridi acuti di donne accarezzate,
I denti, gli occhi, le ciglia bagnate,
Il vago seno che scherza col fuoco,
Il sangue che arde in labbra che s’arrendono,
Le dita, i doni estremi che difendono,
Tutto sotterra va, torna nel giuoco!

da Il cimitero marino, Paul Valéry, Einaudi, trad.di Mario Tutino

Jiri Trnka

E nient’altro mai- lo sa Dio- cercai in te fuorché te: e a te puramente anelai, non ai redditi. Non mi ripromisi nuziali patti, né prerogative di sorta: né, come ben vedesti, m’adoperai a raggiungere voluttà mie, ma tue. E se più santo e più valido appare il nome di moglie, più dolce a me fu sempre la designazione di amica, e magari quella – se non te ne sdegni- di concubina o di ganza: sicché, quanto più umiliata mi fossi per te, tanto maggior tenerezza da te ne avessi, e tanto meno offuscassi la gloria della superiorità tua.
(…)
Ne chiamo Dio in testimonio: se un Augusto governasse il mondo intero – proponentemi gli onori del talamo- mi apparirebbe più gradito e più degno l’esser detta meretrice di Te ché imperatrice di lui.

Eloisa ad Abelardo, trad.italiana di Ercole Quadrelli, Formiggini-Roma 1927

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